L'hanno scoperto ricercatori dell'Irccs Eugenio Medea e dell'Università di Padova in uno studio pubblicato sulla rivista Cortex
Una delle cause dell'epilessia del lobo temporale, la più comune forma di epilessia, potrebbe essere una eccessiva comunicazione tra diverse aree del cervello. È quanto hanno scoperto ricercatori dell'Irccs Eugenio Medea e dell'Università di Padova in uno studio pubblicato sulla rivista Cortex. "La concezione dell'epilessia è cambiata nel tempo, passando dall'essere considerata un'alterazione specifica di una porzione del cervello a un disturbo più sistemico che può coinvolgere uno o più network cerebrali", spiegano le due istituzioni in una nota.
In particolare, negli ultimi anni è emerso che, affinché le reti cerebrali funzionino correttamente, è necessario che esse siano ben organizzate al loro interno, con ogni nodo della rete in grado di elaborare le informazioni che riceve, e allo stesso tempo ben differenziate dagli altri circuiti.
"Uno dei risultati più importanti di questo studio è che maggiori livelli di integrazione tra i network cerebrali correlano con prestazioni peggiori del funzionamento cognitivo nei pazienti con epilessia, e in particolare nei test di memoria e attenzione - sottolinea il coordinatore dello studio Giovanni Mento, docente all'Università di Padova - Questa è una dimostrazione che la flessibilità e integrazione dei network cerebrali sono in un delicato equilibrio ed una loro alterazione può impattare le nostre funzioni cognitive".
Il grande database clinico raccoglie la storia di 94.000 persone con SM e patologie correlate. Un patrimonio unico di dati di "real world"
Attualmente la discussione parlamentare è arenata nell’attesa della presentazione da parte del Ministero della Salute della relazione tecnica da tempo richiesta da parte della Commissione Bilancio
Attualmente non esiste una cura, quindi identificare e trattare i fattori che riducono il rischio, come la depressione, è un'importante priorità di salute pubblica
La comunicazione alterata tra cellule del cervello chiave nella progressione della malattia
Scoperti nuovi fattori di rischio: il colesterolo "cattivo" nella mezza età e la perdita della vista non trattata in età avanzata
Perdita di autonomia, stigma sociale e peso economico i principali timori
Il lavoro, che accoglie le prime evidenze dello studio Nemesis è stato pubblicato su Nature Communications e illustra la generazione e i meccanismi neuronali delle alterazioni, suggerendo nuove vie di riabilitazione
All’A.O.U. Luigi Vanvitelli una nuova tecnologia cambierà la vita di migliaia di pazienti
Commenti