Gli esperti: “l'attuale immunità di gregge e i booster del vaccino BA.5 potrebbero non fornire una protezione sufficientemente ampia contro le infezioni”. Vaia, non drammatizziamo
Sembra ormai certo che l'emisfero settentrionale del pianeta è sulla buona strada per una nuova e più pesante ondata di casi di COVID-19 prevista per il prossimo autunno e inverno. I nuovi ceppi immunitari della variante SARS-CoV-2 Omicron, i cambiamenti del comportamento e l'immunità calante significano che molti paesi potrebbero presto vedere un gran numero di infezioni da COVID - e potenzialmente ricoveri - affermano gli scienziati.
Intanto in Italia si è registrata una repentina inversione di tendenza della curva dei contagi da Covid-19 nell'ultima settimana: i casi sono infatti aumentati del 39,7% in sette giorni, rispetto alla crescita del 5% registrata nella settimana precedente.
Al centro dell'attenzione degli esperti tre o più nuove varianti. Quando le sottovarianti di Omicron che hanno guidato le onde del passato si attenuano - BA.2, BA.4 e BA.5 - i discendenti evolutivi di questi lignaggi stanno ottenendo mutazioni che sembrano aiutarli a diffondersi. Gli osservatori di SARS-CoV-2 stanno monitorando nuove varianti di diversi rami dell'albero genealogico degli Omicron, afferma Tom Peacock, virologo dell'Imperial College di Londra. Nonostante gli antenati distinti di queste varianti, portano molte delle stesse mutazioni alla proteina spike SARS-CoV-2 (il bullseye del virus, dal punto di vista del sistema immunitario
I ricercatori stanno tenendo d'occhio anche alcune sotto-varianti. Il Regno Unito e alcuni altri paesi europei, ad esempio, stanno assistendo alla rapida ascesa di BQ.1 (un discendente di BA.5 con diversi cambiamenti chiave). In India, lo spawn della variante BA.2.75 che ha guidato un'ondata di infezione diversi mesi fa sta ora superando tutti gli altri, afferma il microbiologo Rajesh Karyakarte, coordinatore dello stato del Maharashtra per il sequenziamento SARS-CoV-2 a Pune. Nei campioni sequenziati dalla sua squadra alla fine di settembre, una sottovariante chiamata BA.2.75.2 era la più comune (seguita da un parente stretto). Un altro ramo BA.2, BA.2.3.20, sta crescendo rapidamente a Singapore ed è apparso in Danimarca e Australia. "Sono abbastanza sicuro che almeno una di queste varianti o una combinazione di esse porterà a una nuova ondata di infezione", afferma Tom Wenseleers, biologo evoluzionista dell'Università Cattolica di Leuven in Belgio. E, poiché sembrano comportarsi tutti in modo simile, "alla fine non è così importante quale di questi diventerà la prossima epidemia".
Entro novembre, dunque, potrebbe esserci una nuova, significativa ondata di COVID-19, provocata da una nuova sottovariante del coronavirus SARS-CoV-2 identificata come BQ.1.1 e soprannominata Cerberus. Al momento non vi sono certezze e la diffusione è ancora limitata (i numeri sono piccoli), tuttavia la “figlia” di Omicron BA.5 sta crescendo rapidamente in diversi Paesi. Alla luce delle sue caratteristiche non si esclude che in futuro possa diventare una nuova variante di preoccupazione, dopo Alpha, Beta, Gamma, Delta e Omicron.
Come specificato su Twitter il 3 ottobre dal dottor Cornelius Roemer, bioinformatico specializzato in evoluzione virale del “Biozentrum” dell'Università di Basilea, “con 11 giorni in più di dati, sta diventando abbastanza chiaro che BQ.1.1 guiderà un'ondata di variante in Europa e Nord America prima della fine di novembre”. Lo specialista di Data Integration e Data Visualization dell'Università di Melbourne Mike Honey ha inoltre segnalato che, attualmente, il lignaggio BQ.1.1 viene segnalato soprattutto in Europa. Rappresenta il 3 percento dei casi in Francia, il 2 percento in Belgio e circa il 2 percento nel Regno Unito, su oltre 220mila genomi sequenziati. In Francia si è evidenziata un'impennata impressionante attorno al 18 settembre, dove Cerberus è passata dall'1,5 percento a oltre il 3 percento. In Italia al momento si attesta sotto l'1 percento.
Capire il motivo pr cui Q.1.1 ha iniziato a imporsi rispetto agli altri ceppi è tutto sommato semplice. La ragione, come sempre, risiede nel mix peculiare di mutazioni che si sono manifestate durante la naturale evoluzione nell'ospite infettato, che hanno reso il virus sempre più trasmissibile ed elusivo nei confronti degli anticorpi neutralizzanti, sia quelli indotti da una precedente infezione naturale che quelli innescati dal vaccino, che resta uno strumento fondamentale per proteggersi dalle conseguenze gravi della malattia. Come specificato dal dottor Roemer, un nuovo studio – non ancora sottoposto a revisione paritaria – ha dimostrato che BQ.1.1 è in grado di sfuggire a tutti gli anticorpi monoclonali che risultano efficaci contro BA.5, da cui è derivata. Non a caso suggerisce che adesso "sembra un buon momento per fare una dose di richiamo, se si è idonei”, aggiungendo che lui l'ha fatta da una settimana.
Il fatto che la nuova avriante riesca a sfuggire ai monoclonali è spiegato nello studio “Imprinted SARS-CoV-2 humoral immunity induces converging Omicron RBD evolution”: un team di ricerca cinese del Biomedical Pioneering Innovation Center (BIOPIC) dell'Università Peking di Pechino ha dimostrato che i ceppi BA.2.75.2 e BQ.1.1 sono i più evasivi agli anticorpi mai testati, principalmente a causa di una serie di mutazioni convergenti sul dominio di legame del recettore (RBD) della proteina S o Spike. Fra quelle indicate dal professor Yunlong Cao e i colleghi figurano R346, R356, K444, L452, N460K ed F486. Alla luce di queste caratteristiche gli studiosi ritengono che “l'attuale immunità di gregge e i booster del vaccino BA.5 (quello aggiornato NDR) potrebbero non fornire una protezione sufficientemente ampia contro le infezioni”. Sebbene il vaccino resti un'arma preziosissima contro la COVID-19 grave.
Il professor Peacock ha specificato alla CBS che le due sottovarianti citate nello studio cinese potrebbero innescare futuri picchi pandemici poiché sono “strutturalmente abbastanza diverse dai precedenti ceppi che hanno causato le ondate e possono anche sfuggire parzialmente all'immunità precedente da vaccinazione e infezione” . “Queste proprietà combinate suggeriscono che potrebbero avere la capacità di causare la prossima ondata di COVID a livello regionale o globale”, ha chiosato il virologo. Al momento, tuttavia, si tratta ancora di ipotesi; del resto altri lignaggi emergenti finiti nel mirino degli scienziati alla fine non hanno avuto gli exploit previsti. Non resta che attendere i dati aggiornati delle prossime settimane, continuando a seguire le raccomandazioni delle autorità sanitarie per proteggersi dalla COVID-19, in primis sottoponendosi al vaccino e a tutti i richiami previsti per la propria fascia di appartenenza.
Prima Omicron 5, poi 'Centaurus' (Ba.2.75) e ora 'Cerberus' (Bq.1.1), sono le nuove varianti Sars-CoV-2 dai nomi roboanti che spaventano ma "non devono creare nessun allarme per il futuro". Così all'Adnkronos Salute il direttore dell'Inmi Spallanzani di Roma Francesco Vaia interviene per fare chiarezza, dati alla mano, sulle varianti Covid vecchie e nuove.
"I dati osservati dal nostro laboratorio di Virologia confermano la prevalenza di Ba.5 - osserva il direttore - Ma, come accade quasi sempre, queste varianti che si affacciano si accompagnano a una minor patogenicità. Quindi sangue freddo e non perdiamo la calma e non ricominciamo con la solfa catastrofista". Allo Spallanzani "stiamo studiando le varianti Sars-CoV-2 partecipando sia ai monitoraggi istituzioni nazionali sia a quelli internazionali con il sequenziamento della popolazione di soggetti che hanno attinenza con l'istituto per vari necessità. Quindi - avverte il virologo Fabrizio Maggi, direttore Virologia dello Spallanzani - abbiamo un quadro locale e generale dell'andamento delle varianti e in questo momento non registriamo particolari modifiche o alterazioni, Omicron Ba.5 è stabile e abbiamo pochi o pochissimi casi Ba.4".
"Questi sono i nostri dati, il resto è lanciare inutili, fosche e dannose previsioni. Come sempre - suggerisce Vaia - attenzione, vigilanza, mettiamoci al lavoro e continuiamo nel quotidiano a tirar fuori definitivamente il Paese da questa tragedia ormai triennale. L’Oms è stata chiara: 'mai così vicini a vedere la luce in fondo al tunnel'. Seguiamo - prosegue - gli indirizzi internazionali delle autorità preposte sempre e non solo quando ci aggrada o quando, peggio, conforta i nostri teoremi". Il laboratorio di Virologia dello Spallanzani fa un quadro anche sul futuro. "Quello che notiamo - riflette Maggi - è che Ba.5 ha una sottotipizzazione che si sta espandendo e non più gestibile, questo però non è campanello di allarme ma una normale evoluzione del virus che cambia ma non è detto che sarà in peggio, anzi".
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