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La variante Omicron potrebbe avere avuto origine nei topi

Infettivologia Redazione DottNet | 19/10/2022 12:09

Lo rivela uno studio condotto da ricercatori dell'University of Minnesota e pubblicato sulla rivista dell'Accademia nazionale delle scienze statunitense (Pnas)

La variante Omicron, identificata a novembre del 2021 e diventata in pochi mesi dominante in tutto il mondo, potrebbe avere avuto origine nei topi. È quanto sostiene uno studio condotto da ricercatori dell'University of Minnesota e pubblicato sulla rivista dell'Accademia nazionale delle scienze statunitense (Pnas). Omicron ha attirato fin da subito su di sé l'attenzione dei ricercatori a causa dell'elevato numero di mutazioni (circa 50) che caratterizza il suo genoma rispetto alle varianti precedenti. Questa caratteristica le conferisce, tra le altre cose, un'elevata contagiosità e capacità di evadere la risposta immunitaria.

   "Le ipotesi sull'origine di Omicron sono molte, ma le evidenze sperimentali sono ancora scarse", hanno commentato gli autori della ricerca, che hanno cercato di ricostruire la possibile origine della variante studiando la corrispondenza tra la struttura di una porzione della proteina Spike di Omicron (il cosiddetto receptor-binding domain o RBD) con quella dei recettori ACE sia umani sia di topo. Le due componenti (quella del virus e quella dell'ospite) agiscono come un meccanismo chiave-serratura; studiarne la complementarietà "è tra i migliori sistemi per capire l'evoluzione del coronavirus", scrivono i ricercatori.
  Concentrandosi su quattro mutazioni tipiche di Omicron il team ha scoperto che una di esse (N501Y) è il frutto dell'adattamento alla struttura del recettore ACE sia umano sia di topo. Le altre tre (Q493R, Q498R, Y505H) sono invece il frutto dell'adattamento solo nel topo.  Per il team, sulla base di questi dati, l'ipotesi più probabile sull'origine di Omicron è che "una variante di SarsCov2 contenente la mutazione N501Y potrebbe essere stata trasmessa da una specie umana (o da un'altra specie animale) ai topi". A quel punto, la nuova variante si è diffusa nei roditori dove "si sono evolute mutazioni di RBM specifiche del topo (come Q493R, Q498R e Y505N)". Infine, dai topi, la variante è tornata all'uomo, diventando in meno di un anno la responsabile della quasi totalità dei casi di Covid-19 nel mondo.

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