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Tumori: da vaccini mRna possibile svolta in 5 anni

Farmaci Redazione DottNet | 19/12/2022 20:41

Un vaccino sperimentale per il cancro che usa l'mRNA, unito al farmaco Keytruda di MSD, ha mostrato dei buoni risultati nei test finora condotti, riducendo il rischio di morte causato dal tumore del 44%

Moderna, l’azienda statunitense, che opera nel campo delle biotecnologie ed è particolarmente attiva nell'ambito della ricerca e dello sviluppo di farmaci basati sull’Rna messaggero, ha annunciato che amplierà l'uso della tecnologia Rna al di là della prevenzione del Covid. Secondo quanto dichiarato, un vaccino sperimentale per il cancro che usa l'mRNA, unito al farmaco Keytruda di MSD, ha mostrato dei buoni risultati nei test finora condotti, riducendo il rischio di morte causato dal tumore del 44%. Stephan Bancel, amministratore delegato della società, ha annunciato che "i risultati di oggi sono molto incoraggianti nel campo della trattamento del cancro".

I test sono stati eseguiti su 157 pazienti con melanoma allo stadio 3 o 4 che si erano già sottoposti a interventi chirurgici. Ad alcuni pazienti sono state somministrate nove dosi del vaccino anti-cancro sperimentale di Moderna insieme al farmaco Keytruda di MSD ogni tre settimane per un anno. Altri invece hanno ricevuto solo il trattamento di immunoterapia Keytruda. I risultati hanno rivelato come la combinazione del vaccino Moderna e del farmaco MSD ha ridotto il rischio di ricaduta o morte del 44% rispetti allo sola immunoterapia.

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Da un punto di vista strettamente tecnico, non si tratta di un vaccino. Nel senso che non previene l'insorgenza della malattia, ma ne costituisce un trattamento. L'idea di fondo, però, è identica a quella utilizzata per i vaccini contro il coronavirus. “Abbiamo sviluppato una tecnologia che crediamo sia in grado di insegnare ai linfociti T a riconoscere le cellule cancerose e a distruggerle”, la sintesi di Bancel. In una parola, si tratta di immunoterapia.

Il procedimento è simile a quello di Car-T, una tecnica già utilizzata con successo per trattare linfomi non-Hodgkin e alcuni tipi di leucemia. C'è però una differenza fondamentale. “Noi stiamo trattando un tumore solido”, dice il manager. Il successo di questa terapia, da verificare con lo studio di fase 3, farebbe insomma compiere un salto di qualità all'immunoterapia.

Non è questa l'unica differenza. “Contrariamente a quanto avviene con Car-T, noi non preleviamo il sangue del paziente per ingegnerizzarne i linfociti - spiega sempre il numero uno di Moderna -. Noi effettuiamo una biopsia e poi sequenziamo il dna sia delle cellule malate che di quelle sane”. Un procedimento, questo, che fa rientrare questo trattamento nel novero della medicina personalizzata, visto che è studiato sul profilo del singolo paziente. I risultati vengono quindi processati da un algoritmo che “analizza le differenze tra le due sequenze, quindi un software evidenzia le 34 mutazioni più importanti”, chiosa Bancel. E sono queste 34 mutazioni quelle che l'mRna iniettato nel paziente insegna ai linfociti T a riconoscere ed attaccare. Il sistema immunitario viene in altre parole addestrato a riconoscere e combattere la minaccia. Esattamente come avviene per la proteina spike del Sar-CoV-2.

Prima di arrivare sul mercato, il trattamento combinato con Keytruda e 4157/V940 dovrà superare il trial di fase 3. Ovvero quello in cui si valuta il rapporto tra rischi e benefici arruolando un numero di pazienti nell'ordine delle migliaia. Moderna e MSD intendono confrontarsi con le autorità regolatorie per avviarlo nel 2023. Ma non si tratterà solo di valutare l'efficacia su larga scala di questo trattamento.

Un primo obiettivo è quello di ridurre da 45 a 30 giorni i tempi di produzione del vaccino a mRna. Quella che Bancel derubrica a mera “questione di industrializzazione”. Il secondo passaggio, più importante in un'ottica generale, è quello di valutare l'efficacia di questo trattamento anche per patologie diverse dal melanoma. “Il meccanismo per trattare altri tumori è il medesimo di quello che abbiamo utilizzato per questo studio. E siccome ha funzionato per questa patologia, vogliamo lanciare una sperimentazione di fase 3 anche per altre”, prosegue il manager.

L'ad di Moderna non dice, al momento, quali siano le patologie per le quali le due aziende intendano lanciare questi trial. Negli Stati Uniti, però, Keytruda è autorizzato anche per il trattamento di altre patologie oncologiche, come il cancro del polmone non a piccole cellule, il carcinoma a cellule squamose della testa e del collo, il linfomia di Hodgkin e quello diffuso a grandi cellule B. Oltre a patologie oncologiche dell'apparato digerente, dell'esofago, della cervice uterina e del rene. Ma anche del tumore della mammella triplo negativo, la forma più aggressiva di cancro al seno. È logico quindi pensare che una o più di queste patologie possano essere incluse nei trial di fase 3 per il trattamento con anticorpi monoclonali e vaccini a mRna annunciati da Bancel.

I risultati positivi dei test sono una buona notizia anche per MSD, sotto pressione degli investitori per cercare nuove fonti di crescita dopo il successo del Keytruda. Le azioni MSD sono salite quest'anno di oltre il 43% grazie alla spinta del nuovo amministratore delegato Rob Davis a studiare i possibili usi del Keytruda insieme ad altri nuovi e innovativi farmaci. Le due aziende hanno fatto sapere che il gruppo che aveva ricevuto entrambi i farmaci ha mostrato una riduzione del 44% del rischio di recidiva rispetto a quello trattato con il solo Keytruda. Tuttavia, il 14,4% dei pazienti a cui erano stati somministrati sia il vaccino che gli anticorpi monoclonali ha riportato eventi avversi gravi, contro il 10% di chi aveva ricevuto solo Keytruda.

“Inizieremo ulteriori studi sul melanoma e su altre forme di cancro con l’obiettivo di offrire ai pazienti trattamenti oncologici veramente personalizzati”, ha anticipato Bancel. “Non vediamo l’ora di pubblicare la serie completa di dati e di condividere i risultati in occasione di una prossima conferenza medica sull’oncologia, oltre che con le autorità sanitarie”. Le due aziende prevedono di discutere i risultati con le autorità regolatorie e di avviare uno studio di Fase 3 su pazienti affetti da melanoma l’anno prossimo.

Che cos’è l’mRna
Nel genoma, nel caso dell’uomo un «libro» con circa tre miliardi e duecento milioni di lettere, ci sono i geni, le unità di informazione per il funzionamento del nostro organismo; l’alfabeto con cui sono scritti prevede quattro lettere, G, A, C e T.
L’RNA usa lo stesso linguaggio del DNA ma al posto della T usa U. Il DNA del genoma viene perciò tradotto nell’RNA messaggero, chiamato così proprio perché porta un messaggio: funziona come la scheda perforata di un computer e consente la traduzione dell’informazione genetica, codificata nel linguaggio del DNA, in proteine, scritte in una lingua ancora diversa, in cui le lettere sono 20 aminoacidi.

Trascrizione e traduzione
I geni sono 25mila, ma non sono trascritti e poi tradotti tutti, ovunque: in ciascuna cellula ne vengono tradotti circa 5mila e in tessuti diversi sono espressi e tradotti geni diversi. Le proteine che servono a una cellula del cervello sono differenti da quelle che fanno funzionare una cellula cardiaca e a «decidere » quali geni debbano essere tradotti nelle proteine di volta in volta necessarie sono gli mRNA. Data a molti anni il tentativo di interferire con gli mRNA ma L’RNA si degrada subito, per cui è difficile manipolarlo in laboratorio. Inoltre viene immediatamente eliminato dal nostro organismo, che lo vede come un segnale di pericolo, e non è un caso, perché tanti virus hanno un genoma a RNA. Iniettare un mRNA come tale per interferire con i processi biologici è quindi impossibile, perché non ‘sopravvive’ abbastanza per esercitare un effetto. Nel 2005 però è stato scoperto che è possibile evitare il segnale di allarme verso RNA sostituendo alla lettera U del suo alfabeto una «finta -U», leggermente diversa: così il sistema immunitario non considera più come un nemico un mRNA esterno, che può agire nelle cellule come un vaccino, se porta nell’organismo l’informazione per produrre proteine di un germe contro cui si vuole una risposta immunitaria, oppure un farmaco, se fa produrre proteine mancanti o carenti o se interferisce con il processo di traduzione del genoma.

La strategia
Tutti i farmaci oggi a disposizione hanno come bersaglio non più di mille proteine, cioè non oltre un migliaio di geni sul totale dei 25mila codificanti; utilizzare le tecnologie basate sull’mRNA significa invece poter interagire con qualsiasi gene. Basta conoscere la sequenza del gene bersaglio, che porta a una proteina indesiderata responsabile di una malattia, a una proteina che il sistema immunitario deve riconoscere o a una proteina mancante o carente, per creare in provetta un mRNA che nel primo caso si appaia a quello che fa produrre la proteina sbagliata, inattivando così la molecola in maniera efficace e super-precisa; nel secondo caso porta le informazioni per produrre la proteina e farla conoscere al sistema immunitario; nel terzo, diventa lo stampo su cui produrre la proteina che serve.

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