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Incognita medicina generale, esauriti i fondi del Pnrr. Upb: ospedali di comunità di difficile attuazione

Medicina Generale Redazione DottNet | 14/03/2023 19:23

Quando finiranno gli oltre 7 miliardi investimenti previsti, restano diversi dubbi su dove reperire quei fondi necessari a garantire la continuità dei servizi

La riforma della della sanità territoriale e del sistema di prevenzione prevista nel PNRR non convince del tutto l'Ufficio parlamentare di Bilancio. Nel focus “L’assistenza sanitaria territoriale: una sfida per il Servizio sanitario nazionale” che analizza la componente del PNRR dedicata alla sanità territoriale – per la quale sono previsti 7 miliardi di investimenti e 500 milioni del Fondo complementare (FoC) – l'Upb ha messo in evidenza in particolare tre criticità nel Regolamento introdotto con il DM 77/2022, che ha realizzato la riforma prevista dal Piano.

Innanzitutto, restano "alcuni dubbi sulla valutazione delle risorse correnti necessarie a rendere operative le nuove strutture di assistenza sanitaria territoriale". L'Ufficio parlamentare di Bilancio ha fatto notare che quando le risorse del PNRR saranno esaurite, servirà assicurare al SSN più di 1 miliardo per dare continuità ai servizi di assistenza domiciliare, così come quando gli Ospedali di comunità saranno disponibili si dovranno reperire 239 milioni per il relativo personale. "La programmazione finanziaria per il triennio iniziato nel 2023 implica un ridimensionamento della quota del prodotto allocata alla sanità pubblica, che renderebbe difficile potenziarne i servizi, anche in presenza di una riorganizzazione degli stessi", fa notare l'UpB.

Tale piano si scontra poi con un'ulteriore criticità con cui la sanità pubblica si scontra già. "Con riguardo al necessario potenziamento delle risorse umane – sottolinea il focus –, la difficoltà di reperire il personale e la perdita di attrattività del SSN stanno diventando un’emergenza, soprattutto per quanto riguarda gli infermieri e alcune categorie di medici, da affrontare con una adeguata programmazione del personale, l’incremento dell’offerta formativa, l’adozione di misure volte a restituire attrattività al lavoro nel SSN in termini di riconoscimento sociale ed economico".

L'UpB ha poi sottolineato che "il coinvolgimento dei medici di medicina generale nell’attuazione della riforma richiederebbe una chiara regolazione delle forme e dei modi della partecipazione alle varie strutture e una revisione dei percorsi formativi per rafforzarli e adeguarli alla nuova impostazione delle cure primarie sul territorio". "L’ipotesi di trasformare i medici di base da liberi professionisti convenzionati in dipendenti del SSN al momento sembra essere stata accantonata", ha fatto notare. Inoltre, quando le risorse del Pnrr saranno esaurite, "si dovrà rinvenire nei finanziamenti al Ssn più di un miliardo per dare continuità ai servizi di assistenza domiciliare e quando gli Ospedali di comunità saranno disponibili si dovranno reperire 239 milioni per il relativo personale. Peraltro, la programmazione finanziaria per il triennio iniziato nel 2023 implica un ridimensionamento della quota del prodotto allocata alla sanità pubblica, che renderebbe difficile potenziarne i servizi, anche in presenza di una riorganizzazione degli stessi", spiega l'Upb.

"Plausibilmente emergerà quindi - prosegue il focus - l’esigenza di destinare ulteriori finanziamenti all’assistenza sanitaria territoriale; tra l’altro il Governo si è impegnato con le Regioni a reperire ulteriori risorse ove si rendessero necessarie, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica. Con riguardo al necessario potenziamento delle risorse umane, la difficoltà di reperire il personale e la perdita di attrattività del Ssn stanno diventando un’emergenza, soprattutto per quanto riguarda gli infermieri e alcune categorie di medici, da affrontare con una adeguata programmazione del personale, l’incremento dell’offerta formativa, l’adozione di misure volte a restituire attrattività al lavoro nel Ssn in termini di riconoscimento sociale ed economico".

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Altro nodo che dovrà essere affrontato è quello che riguarda il coinvolgimento dei medici di medicina generale (Mmg) nell’attuazione della riforma. Questo richiederebbe una chiara regolazione delle forme e dei modi della partecipazione alle varie strutture e una revisione dei percorsi formativi per rafforzarli e adeguarli alla nuova impostazione delle cure primarie sul territorio. "L’ipotesi di trasformare i medici di base da liberi professionisti convenzionati in dipendenti del Ssn al momento sembra essere stata accantonata. L’Atto di indirizzo per la convenzione con i Mmg 2019-21 enfatizza il ruolo delle aggregazioni dei medici di base più di quello delle Case della comunità e si limita a presupporre che la riorganizzazione emersa dai precedenti accordi sia già coerente con le previsioni del Pnrr e adattabile al nuovo Regolamento contenente gli standard dell’assistenza territoriale (DM 77/2022). Il ritardo nella contrattazione nazionale – la convenzione oggi in discussione è riferita a un periodo ormai scaduto – finisce per essere causa ed effetto delle difficoltà a introdurre, e finanziare, innovazioni più rilevanti, pure necessarie nell’ottica della riforma".

E ancora, si sottolinea come il nuovo Regolamento dell’assistenza sanitaria territoriale rappresenti lo strumento per assicurare standard uniformi su tutto il territorio nazionale, ma le innovazioni istituzionali dovranno essere calate nei singoli modelli regionali. Il DM 77/2022, nella cui versione finale la parte prescrittiva è stata meglio individuata, ma anche delimitata, "lascia aperte molte soluzioni, anche riguardo al ruolo del mercato privato, che potrà trovare spazi di espansione piuttosto ampi a seconda delle scelte attuative delle Regioni. A maggiore ragione, per assicurare priorità alla funzione di programmazione, mantenendo da un lato il controllo sulla spesa e dall’altro lato l’impegno per l’appropriatezza e l’equità nell’erogazione delle prestazioni, appare rilevante il ruolo che assumerà il Distretto, enfatizzato nella parte descrittiva del Regolamento e rafforzato da recenti provvedimenti", spiega l'Upb.

Infine, l'organismo indipendente fa notare che, sebbene il nuovo Regolamento dell’assistenza sanitaria territoriale rappresenti lo strumento per assicurare standard uniformi su tutto il territorio nazionale, le innovazioni istituzionali dovranno essere calate nei singoli modelli regionali, e che Il DM 77/2022, lascia aperte molte soluzioni, anche riguardo al ruolo della sanità privata, "che potrà trovare spazi di espansione piuttosto ampi a seconda delle scelte attuative delle Regioni". L'Ufficio osserva infine che alcuni aspetti importanti della riforma – quali ad esempio il meccanismo di integrazione con i servizi sociali gestiti dagli ambiti territoriali sociali (ATS) e tra il Sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici e il Sistema di protezione dell’ambiente – sono ancora in fase di definizione.

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