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Scoperto un nuovo percorso terapeutico per l'Alzheimer

Nefrologia Redazione DottNet | 07/01/2025 13:44

I ricercatori della Hebrew University, in Israele, e dell'IMRIC in Canada avrebbero scoperto un potente alleato nella lotta contro le malattie neurodegenerative

 Passi avanti nella possibile lotta all'Alzheimer e potenzialmente anche per altre malattie neurodegenerative. Ricercatori della Hebrew University, in Israele, e dell'Institute for Medical Research Israel, in Canada (IMRIC), in collaborazione con l'Alexander Silberman Institute of Life Science di Gerusalemme, avrebbero scoperto un potente alleato nella lotta contro le malattie neurodegenerative: un complesso nucleolare (del nucleo) che svolge un ruolo fondamentale nel mantenimento della salute cellulare attraverso l'omeostasi proteica, chiamata proteostasi.

Quest'ultimo è un processo mediante il quale le cellule mantengono l'equilibrio e il corretto funzionamento delle loro proteine, assicurandone il corretto ripiegamento. I ricercatori, in uno studio pubblicato oggi su Nature Cell Biology, hanno scoperto che sopprimendo il complesso nucleolare FIB-1-NOL-56, coinvolto nel processo di regolazione della proteostasi a livello cellulare e dell'organismo, è possibile ridurre drasticamente gli effetti tossici delle proteine che causano l'Alzheimer, in maniera particolare del peptide A e di un'altra proteina che causa la malattia negli organismi modello, potenziando cosi' le difese naturali delle cellule grazie a una maggiore degradazione (decomposizione) delle proteine pericolose.

Questo meccanismo regola la proteostasi nei tessuti modulando la segnalazione TGF-?, un percorso coinvolto nella crescita cellulare, nella differenziazione e nell'omeostasi tissutale. Queste nuove informazioni potrebbero essere sfruttate per sviluppare nuove terapie per rallentare, fino a prevenire malattie come l'Alzheimer e favorire un invecchiamento più sano.

Con l'avanzare dell'età, il delicato equilibrio della proteostasi inizia a vacillare e questo 'declino' porta all'accumulo di aggregati proteici tossici, un tipico segnale di malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer. La scoperta, dunque, non solo approfondisce le conoscenze sui meccanismi attraverso cui l'organismo gestisce lo stress cellulare, ma offre la speranza per trattamenti futuri che potrebbero ritardare o prevenire una molteplicità di malattie neurodegenerative devastanti.  "Le malattie neurodegenerative colpiscono milioni di persone in tutto il mondo, con ripercussioni sulle famiglie e sui care-giver. Scoprendo come le cellule comunicano per mantenere l'integrità delle proteine", ha dichiarato il professor Ehud Cohen, della Hebrew University, "si apre la possibilità per lo sviluppo di approcci terapeutici preventivi che potrebbero ritardare l'insorgenza della malattia e migliorare significativamente la qualità della vita di milioni di anziani, allungando le loro indipendenza".

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