Chi vuole avere un’idea di quando andrà in pensione, deve necessariamente ragionare sulle stime di decenni, che possono essere parzialmente smentite dalla realtà
L’Inps, con il messaggio n. 4452 del 24 dicembre 2024, ha comunicato il rilascio dell’ultima versione del servizio "Pensami" (PENSione A Misura), il simulatore degli scenari pensionistici, al quale si può accedere senza alcuna registrazione. L’attivazione della nuova release non ha avuto alcun effetto mediatico, perché intervenuta durante le vacanze natalizie, quando anche i pensionandi sono in vacanza e i patronati sono chiusi. Alla riapertura del 7 gennaio, la Cgil però si è resa conto che, all’interno del simulatore, i requisiti futuri per il raggiungimento del diritto a pensione erano stati modificati in peggio: anziché restare invariati nel 2027 (erano ipotizzati ancora 67 anni di età per la vecchiaia e 42 anni e 10 mesi per l’anticipata), risultavano aumentati di tre mesi (67 anni e 3 mesi per la vecchiaia e 43 anni e 1 mese per l’anticipata).
Di qui un pesante attacco contro il Governo e l’Inps, rei entrambi di aver peggiorato le condizioni di accesso a pensione, indebitamente e senza alcuna comunicazione ufficiale. A seguire: levata di scudi della maggioranza; richiesta di chiarimenti all’Inps ed infine marcia indietro del simulatore, su cui sono state ripristinate le precedenti specifiche. Ma cosa è veramente successo? Per capirlo, è necessario ricordare brevemente i meccanismi che sono dietro la famigerata legge Fornero, la quale – nonostante promesse di varia natura – è rimasta sostanzialmente in vigore, perché è l’unico strumento che può garantire un minimo di equilibrio finanziario al sistema previdenziale.
Ebbene, nel 2010, con il decreto legge n. 78 poi convertito nella legge n. 122/2010, fu previsto, dal 1° gennaio 2013, il progressivo innalzamento dei requisiti per l’accesso alla pensione (di vecchiaia ed anticipata) al fine di sterilizzare gli effetti dell’allungamento della vita media della popolazione. Tale inasprimento dei criteri di pensionamento doveva avvenire «con decreto direttoriale del ministero dell’Economia di concerto con il ministero del Lavoro, da emanare almeno dodici mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento», sulla base del dato elaborato dall’Istat circa l’aumento dell’aspettativa di vita a 65 anni. Inizialmente l’aggiornamento aveva cadenza triennale, poi ridotta a due anni a partire dal 2019. Per effetto dell’emergenza Covid, la speranza di vita per un certo periodo si è addirittura ridotta, tant’è vero che dal 2020 in poi i requisiti di pensionamento non sono aumentati, e secondo i calcoli della Ragioneria Generale dello Stato, ci sarebbe dovuto essere un aumento di solo un mese nel 2029 (67 anni e 1 mese di età per la vecchiaia e 42 anni e 11 mesi di contributi per l’anzianità).Ed è su queste specifiche che l’Inps aveva tarato i dati del suo simulatore fino alla fine del 2024.
È accaduto però che il presidente dell'Istat, Francesco Maria Chelli, nei mesi scorsi ha parlato di una crescita importante della speranza di vita a 65 anni, che avrebbe potuto determinare un incremento dell'età di pensionamento a 67 anni e tre mesi nel 2027 e 67 e 6 mesi dal 2029. Si tratta ovviamente di stime, ma l’Inps, per offrire un servizio migliore all’utenza, ha deciso di tenerne conto nella versione aggiornata del suo simulatore. Dunque chi ha ragione? Tutti e nessuno. È vero che non ci sono state modifiche ufficiali dei requisiti, ma queste, a termini di legge, vengono decise solo un anno prima e valgono solo per due anni. Chi invece vuole avere un’idea di quando andrà in pensione, deve necessariamente ragionare sulle stime di decenni, che possono essere parzialmente smentite dalla realtà, ma propongono un’ipotesi di tendenza, ed è proprio quello che l’Inps con il suo simulatore sta facendo già da qualche tempo. Non ci si può accanire con l’Inps, che sta facendo bene il suo lavoro: per bloccare l’età di pensionamento bisogna intervenire sulla legge, trovando nel contempo le risorse economiche necessarie.
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