La diagnosi di mielopatia spondilotica cervicale viene fatta troppo raramente ed è molto probabile che la prevalenza sia sottostimata.[1]
Abstract
La mielopatia spondilotica cervicale (CSM), secondo le analisi scientifiche, è una delle cause più comuni di disabilità negli anziani. È la forma più comune di lesione del midollo spinale negli adulti; tuttavia, la sua diagnosi è spesso tardiva. I sintomi caratteristici della CSM comprendono la diminuzione della destrezza della mano e l’instabilità dell’andatura, oltre a disfunzioni sensoriali e motorie. Per formulare una diagnosi di CSM è necessario eseguire una risonanza magnetica e test neurofisiologici. Dato che la popolazione anziana nel mondo è in continuo aumento, la CSM rappresenta una sfida significativa che richiede un’attenzione urgente.
La mielopatia cervicale è conosciuta in molti modi nella letteratura, ad esempio come mielopatia spondilotica cervicale (CSM), mieloradicolopatia spondilotica (SRM) o mielopatia cervicale degenerativa (DCM).[1] La CSM è una malattia progressiva definita da alterazioni degenerative che colpiscono le vertebre, i dischi intervertebrali, le faccette e i legamenti associati.[2] Questa malattia può potenzialmente causare disabilità a lungo termine e gravi danni neurologici.[2] Le ricerche scientifiche indicano che la CSM è una delle principali cause di disabilità negli anziani, e alcuni studi suggeriscono che possa essere considerata una malattia legata alla civilizzazione.[1]
Sebbene l’esatta fisiopatologia alla base della CSM rimanga incerta, i sintomi clinici derivano generalmente dalla compressione del midollo spinale, causata da una molteplicità di fattori.[2] La compressione meccanica può anche portare a ischemia e ipossia, con conseguente disfunzione del midollo spinale.[3] La compressione del midollo cervicale può verificarsi in seguito all’ernia del disco, al ripiegamento del legamento flavum e della capsula articolare della faccetta o alla stenosi del canale.[2]
Essa può essere causata da fattori statici e/o dinamici.[3]
I fattori di rischio statici sono costanti e comportano una lesione diretta attraverso la stenosi del canale cervicale, mentre i fattori dinamici comportano lesioni ripetitive.[2] Essi includono la stenosi spinale congenita, l’erniazione del materiale del disco, l’osteofitosi e l’ipertrofia dei legamenti.[2]
La compressione meccanica dinamica deriva da movimenti eccessivi, al di fuori del range di movimento tipico che porta alla traslazione e all’angolazione della colonna o alla sovrapposizione delle lamine e alla flessione del legamento flavum.[2]
I primi sintomi che i pazienti notano, ma per i quali non necessariamente si rivolgono al medico, includono un dolore al rachide cervicale difficile da caratterizzare, sensazioni spiacevoli alla mano (formicolio, intorpidimento), dolore all'articolazione della spalla o nella zona circostante, frequenti anomalie e cambiamenti nel modello di andatura e disfunzioni meno comuni del sistema urogenitale (incontinenza urinaria, impotenza).[1] Nella fase iniziale, i sintomi sono impercettibili per il paziente e vengono in gran parte ignorati, il che provoca il loro peggioramento e il deterioramento dello stato funzionale.[1] La diagnosi è difficile a causa della sovrapposizione dei sintomi che possono presentarsi con altre condizioni frequentemente riscontrate nella popolazione anziana.[3] La gravità della CSM e dei sintomi laterali (unilaterali o bilaterali) è in gran parte legata alla sede e al grado di compressione del midollo spinale.[1]
Come nella maggior parte delle malattie, il primo passo nella valutazione di un paziente con sospetta CSM consiste nel condurre un’anamnesi e un esame fisico approfonditi.[2] Durante la diagnosi dettagliata, vengono prese in considerazione numerose patologie e gli elementi di terapia precedentemente implementati.[1] In primo luogo, i pazienti vengono sottoposti a un esame di risonanza magnetica; successivamente, vengono eseguiti test neurofisiologici.[1] La risonanza magnetica può fornire una prova diretta della compressione del midollo spinale e dovrebbe essere sempre l'indagine di partenza, anche perchè svolge un ruolo nella scelta del trattamento corretto ed eventualmente nella previsione degli esiti.[3] La risonanza magnetica consente di visualizzare le strutture dei tessuti molli, come i dischi intervertebrali; pertanto, è possibile rilevare i primi segni di degenerazione in essi, così come nei legamenti spinali e in altre strutture non facilmente visibili in altre scansioni.[3] In tale contesto, la valutazione della CSM include spesso radiografie semplici.[3] Le viste laterali aiutano a valutare il restringimento del canale spinale, l’altezza del disco, la presenza di ossificazione del legamento longitudinale posteriore (OPLL), l’allineamento sagittale cervicale e la sublussazione.[3]
L’esame fisico comprende la valutazione del range di movimento del rachide cervicale.[3] Altre manifestazioni possibili all’esame fisico includono spasticità degli arti inferiori, atrofia dei muscoli intrinseci della mano e deficit motori della distribuzione corticospinale.[3]
Uno dei test più importanti per la diagnosi di CSM è l’esame elettromiografico (EMG), ma vengono misurati anche potenziali evocati sensoriali e/o motori (SEP e MEP).[1] I SEP e MEP sono spesso utilizzati per trovare prove oggettive di anomalie funzionali del midollo spinale.[3]
Riepilogando, la CSM è una malattia degenerativa che si presenta comunemente con sintomi impercettibili, portando spesso a un ritardo nella diagnosi e a danni neurologici irreversibili.[2] I segni caratteristici di questa malattia sono la riduzione della funzione motoria delle mani e l’instabilità dell’andatura.[2] La fisiopatologia della malattia non è completamente chiarita e sono stati ipotizzati diversi meccanismi per spiegarla.[3] La diagnostica per immagini è una modalità importante per confermare la diagnosi di CSM.[2] Radiografie normali, tomografia computerizzata (TC) con o senza mielografia e risonanza magnetica possono essere utilizzate per valutare il restringimento del canale spinale e le alterazioni patologiche vertebrali.[2] La comprensione di tutti i fattori associati a questa condizione farà senza dubbio luce sulle future alternative terapeutiche, non solo per questa patologia, ma anche per molte altre condizioni neurodegenerative che potrebbero condividere percorsi simili nella loro fisiopatologia.[3]
Referenze:
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