Con una sola iniezione bimestrale, ma in Italia uso ancora limitato
I farmaci a lunga azione (una singola iniezione ogni due mesi) si confermano vincenti nel trattamento e nella prevenzione dell'Hiv, migliorando l'aderenza alle terapie e offrendo nuove opportunità soprattutto per le popolazioni più vulnerabili. E' il quadro emerso alla Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections a San Francisco. Diversi studi mostrano infatti l'elevata persistenza dei farmaci long acting in trattamento e profilassi Pre-Esposizione (PrEP). Permane il problema di una diffusione limitata di questi farmaci in Italia: il tasso di penetrazione della terapia long acting si avvicina ad appena il 10% nei centri più attrezzati, rimanendo marginale in molti altri. "La somministrazione della terapia long acting, un'iniezione intramuscolare ogni due mesi di Cabotegravir Rilpivirina, è entrata nella gestione quotidiana dei centri di malattie infettive in Italia ed è destinata a diventare il nuovo standard terapeutico - spiega Antonella Castagna dell'Irccs Ospedale San Raffaele di Milano -.
La somministrazione per via orale della terapia preventiva presenta grossi limiti in tema di aderenza e persistenza. Dopo due anni solo il 40% circa mantiene un'aderenza adeguata, spiega Andrea Antinori, direttore Dipartimento clinico Inmi Spallanzani. "L'erogazione della PrEP iniettabile colma le lacune della somministrazione orale", spiega. I dati degli studi di Cabotegravir documentano un'efficacia sostanzialmente doppia rispetto alla somministrazione orale. "La PrEP long acting con Cabotegravir intramuscolare ha ottenuto l'approvazione da parte dell'Ema - aggiunge Antinori -. In Italia è inserita in una fascia per cui è approvato l'uso ma non è rimborsabile e non è sostanzialmente disponibile. In questo momento in Aifa è in atto la discussione per la rimborsabilità. Il farmaco è al momento somministrato a poco meno di 500 persone attraverso un programma pilota presso Inmi Spallanzani e Sacco, San Raffaele e Niguarda a Milano".
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