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Rapporto Fnopi-Sant’Anna: infermieri, è crisi strutturale. Schillaci, Figura centrale in un Paese sempre più anziano

Professione Redazione DottNet | 12/05/2025 14:49

Sicp: cure palliative, mancano 3mila infermieri.. Baldini (Enpapi): “Rendere professione più attrattiva ed evitare fuga all’estero”. Giuliano (UGL): “Nobile professione al servizio dei popoli. Gratifichiamoli con gesti tangibili”

Nel Servizio Sanitario Nazionale, gli infermieri rappresentano il 40% della forza lavoro, ma sono ancora trattati come un anello debole. A confermarlo, numeri alla mano, è il primo “Rapporto sulle professioni infermieristiche” curato da FNOPI e Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, un’indagine dettagliata presentata a Palazzo Rospigliosi, a Roma, con la partecipazione del ministro della Salute, Orazio Schillaci. In questa prima edizione, il Rapporto ambisce a raccogliere e a certificare le principali evidenze disponibili sugli infermieri in Italia, confrontandole con il quadro europeo e analizzando la situazione delle singole Regioni che restituisce l’immagine di una categoria centrale per la sanità pubblica ma penalizzata da stipendi bassi, scarse prospettive di carriera e crescente insoddisfazione. E se in Europa la professione infermieristica viene valorizzata anche economicamente, in Italia si continua a tirare la cinghia, con stipendi che segnano un distacco di oltre 7.

000 euro rispetto alla media OCSE.

Stipendi: fanalino di coda in Europa
Il dato è impietoso: 32.400 euro lordi l’anno è lo stipendio medio di un infermiere italiano, a fronte di una media europea che supera i 39.800 euro. L’Italia si colloca così tra i paesi con la remunerazione più bassa, malgrado l’elevato carico di lavoro e le responsabilità crescenti. In vetta alla classifica retributiva spiccano paesi come il Lussemburgo, la Germania e i Paesi Bassi, dove non solo si guadagna di più, ma si registra anche un numero più elevato di infermieri ogni 1.000 abitanti, a testimonianza del fatto che un miglior trattamento economico aiuta a trattenere il personale e a garantire qualità assistenziale.

La fotografia retributiva cambia notevolmente da Nord a Sud. Se in Trentino-Alto Adige un infermiere può arrivare a guadagnare 37.204 euro, in Molise si scende a 26.186 euro, con altre regioni meridionali come Campania e Calabria ferme sotto i 30.000 euro. Un divario che si riflette anche nelle opportunità di carriera: nel Meridione i dirigenti infermieristici sono pochissimi (in Campania appena 0,2 dirigenti ogni 1.000 infermieri), mentre regioni come l’Emilia-Romagna o il Trentino superano quota 3.

Carenza cronica e rischio abbandoni
Alla sottovalutazione economica si somma il problema della carenza di personale. In Italia ci sono 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, contro gli 8,4 della media europea. Ma se si guarda solo al personale pubblico (escludendo quindi i privati), il dato crolla a 4,79 per 1.000. E le differenze regionali sono drammatiche: in Lombardia appena 3,53, contro i 6,3 della Liguria. Un contesto che genera insoddisfazione crescente: secondo il rapporto, quasi il 30% degli infermieri italiani pensa di cambiare lavoro, e nelle aree ospedaliere fino al 45% valuta di lasciare la professione entro un anno. Tra le principali motivazioni: stipendi inadeguati, mancanza di personale e scarse opportunità di crescita.

Serve un cambio di rotta
Il documento, frutto di un anno di lavoro tra ricerca empirica e analisi qualitativa, non propone soluzioni preconfezionate, ma evidenzia chiaramente l’urgenza di un intervento strutturale sulla valorizzazione della professione infermieristica. Una questione che non riguarda solo il benessere degli operatori sanitari, ma la tenuta dell’intero sistema sanitario pubblico. La FNOPI chiede che il rapporto diventi la base per una revisione delle politiche professionali e salariali, in linea con gli standard europei.  Perché in un paese dove il personale sanitario è sempre più anziano e meno motivato, ignorare le voci di chi garantisce ogni giorno assistenza e cure significa mettere a rischio la salute di tutti.

“Per la Federazione questo documento rappresenta il primo, importante, passo per presentare le evidenze ufficiali su cui le politiche che riguardano gli infermieri devono affondare le radici – dichiara la presidente Fnopi, Barbara Mangiacavalli – Vogliamo fare in modo che il nostro Rapporto di anno in anno sia presente sulle scrivanie dei decisori, a disposizione per acquisire dati certi sulla nostra Professione. L’obiettivo è trasformare i dati in informazioni, perché le informazioni servono ad assumere le decisioni che, nel nostro caso, – aggiunge Mangiacavalli – non possono essere esclusiva di un unico ministero. La complessità della questione infermieristica richiede l’istituzione di una cabina di regia con poteri straordinari in grado di coinvolgere più strutture di vertice e toccare diversi ambiti di intervento per prendere definitivamente un problema che non appartiene a una categoria professionale, ma all’Italia intera”. "Con il progressivo invecchiamento della popolazione e l'incidenza esponenziale di malattie croniche, la domanda di salute è cambiata. E deve cambiare anche il modello di offerta sanitaria".  In questo processo, "l'Infermiere di Famiglia e di Comunità può svolgere un ruolo cruciale, che va valorizzato, nell'interesse dei pazienti e a salvaguardia della sanità pubblica". Così il ministro della Salute Orazio Schillaci, nel suo saluto inviato in occasione della presentazione del Rapporto sulle Professioni Infermieristiche tenutasi, oganizzata dalla Federazione nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (Fnopi).

    La carenza degli infermieri, ha precisato, "non è solo un problema di retribuzione economica. Bisogna prevedere percorsi che rendano possibili e agevoli prospettive di carriera per ridare attrattività alla professione". Il Governo, ha ricordato il ministro, ha messo in atto una serie di interventi per una valorizzazione economica degli infermieri: misure sulla libera professione per chi lavora nel servizio pubblico, indennità per chi è occupato nell'emergenza urgenza e detassazione degli straordinari". Accanto a questo, l'impegno è quello di riportare i giovani a scegliere questo corso di studi, anche e soprattutto investendo sulla motivazione. "Come emerge dallo studio - ha proseguito - c'è un crescente interesse per le lauree magistrali; i giovani che scelgono questa professione hanno voglia di ampliare le loro conoscenze e hanno legittime ambizioni di crescita". Dal Rapporto, infine, emerge che la maggioranza degli intervistati ha indicato una preferenza per il lavoro nella sanità pubblica, mostrando di avere fiducia nel nostro Servizio Sanitario Nazionale. "Una preferenza che oggi assume un significato ancor più fondamentale, considerato il ruolo che gli infermieri sono chiamati a svolgere negli ospedali di comunità e come anelli di congiunzione tra ospedale e territorio", ha concluso Schillaci.

Terapia del dolore, umanizzazione della cura, cultura del sollievo fisico, psicologico e spirituale. Nell’assistenza alle persone affette da patologie croniche e inguaribili e nelle cure palliative, gli infermieri sono una presenza fondamentale in un percorso di assistenza che va ben oltre la somministrazione delle terapie farmacologiche.

Svolgono un ruolo di ascolto, empatia, presenza competente, sostegno emotivo e guida per i pazienti e le loro famiglie. Ma ancora di più, svolgono l’attività di case manager di processi assistenziali complessi, mettendo in Rete professionisti e servizi diversi, tenendo le fila di ogni difficoltà e risultato ottenuto, rimodulando i percorsi rispetto al cambiamento dei bisogni nel tempo. Sono loro, per primi, a garantire dignità, autonomia e qualità della vita di chi soffre a causa di una malattia cronica o avanzata. Eppure, in Italia restano ancora molte criticità che riguardano direttamente il ruolo degli infermieri e che contribuiscono ad ostacolare un equo accesso alle cure palliative.

In occasione della Giornata Internazionale degli Infermieri, la Società Italiana di Cure Palliative (SICP) – Società Scientifica multidisciplinare e multi professionale che al suo interno conta 1/3 di infermieri, di cui circa un centinaio under 30 - lancia un allarme sull’ancora grave carenza di personale infermieristico specializzato, che ancora compromette l'accesso alle cure palliative, soprattutto a domicilio. Ma anche sulla grave carenza di visione dei sistemi sanitari di comprendere il potenziale che il sistema a Rete in cui le cure palliative per normativa hanno imparato ad operare negli ultimi 25 anni, non venga riconosciuto come volano di un cambiamento organizzativo necessario per mettere le risorse disponibili a sistema.

Secondo i dati più recenti, in Italia operano circa 1.500 infermieri nelle cure palliative domiciliari, a fronte di un fabbisogno stimato di almeno 4.550 professionisti. Questo significa che mancano all'appello oltre 3.000 infermieri, con una carenza del 66% rispetto alle necessità.  "Gli infermieri sono il cuore pulsante dell'assistenza palliativa, specialmente a domicilio", afferma Gianpaolo Fortini, presidente SICP. "La loro presenza – continua - è fondamentale per garantire continuità di cura, gestione del dolore e degli altri bisogni fisici e il necessario supporto emotivo alle persone malate e alle loro famiglie. Credo che il tratto fondamentale che  caratterizzi la figura dell’infermiere sia la capacità di monitorare e valutare tutto ciò che accade. Con le sue competenze specifiche concorre nel valutare e attivare risorse in un continuo processo di advocacy. Eppure, soprattutto a livello territoriale, gli infermieri operano in contesti organizzativi che non rispondono a logiche di integrazione, ed il loro impiego appare frammentato in sistemi di cura impermeabili che non dialogano tra loro. Questa parcellizzazione disaggrega ulteriormente le già scarse risorse e limita fortemente la capacità del nostro sistema sanitario di rispondere alla domanda crescente di assistenza domiciliare specialistica. Gli infermieri sono la risposta". 

"Stiamo facendo importanti passi avanti -  afferma Giuseppe Intravaia , infermiere e tesoriere SICP - ma è indispensabile un impegno ancora più urgente e coordinato per rafforzare la formazione, potenziare le reti territoriali definendone una governance competente e garantire una messa a sistema del personale in essere, così da assicurare a tutti i cittadini il diritto e l’accesso a cure palliative di qualità e sempre più precoci, come previsto dalle recenti normative e dagli obiettivi del PNRR". Meno critica rispetto all’assistenza domiciliare, la situazione negli hospice che, secondo le stime della SICP, vede impegnati oltre 2.100 infermieri per la copertura di circa 3.000 posti letto sul territorio nazionale. Al netto di una disparità e variabilità territoriale ancora molto marcata (il 55% degli hospice sono presenti nel Nord Italia, solo il 27% in Centro e appena il 20% nel Sud e nelle Isole), se la copertura appare sufficientemente adeguata al bisogno di cure palliative nei pazienti oncologici, resta tuttavia insufficiente rispetto al fabbisogno complessivo che tiene conto anche di chi soffre di malattie croniche non oncologiche e agli obiettivi fissati dal DM 77/22, secondo i quali mancherebbero oltre 600 infermieri.

Cure palliative pediatriche: solo 1 infermiere ogni 60 bambini

"Passi in avanti ce ne sono stati", spiega Pierina Lazzarin, infermiera e consigliera SICP referente per Cure Palliative Pediatriche. "Se infatti negli ultimi anni il numero dei bambini presi in carico nelle cure palliative è aumentato significativamente, aumentando la copertura dal 15% al 25% dal 2019 al 2023, anche il personale medico e infermieristico è cresciuto". In particolare, nello stesso periodo di tempo, si conta il 38% in più degli infermieri impegnati in ambito pediatrico. Tuttavia, parallelamente ad una rete di assistenza ancora non sufficientemente sviluppata, il numero degli operatori è ancora insufficiente: attualmente si contano circa 181 infermieri specializzati in cure palliative pediatriche, a fronte di oltre 10.600 bambini eleggibili, cioè poco più di 1 ogni 60 bambini che necessitano di assistenza specialistica.  "Sono gli infermieri a valutare quotidianamente i bisogni fisici, psicologici e sociali della persona assistita gestendo il dolore e i sintomi, ma anche aiutando a preservare la dignità, l’autonomia e la qualità della vita", afferma Marta De Angelis, responsabile Comunicazione SICP, "sono il punto di riferimento per la comunicazione tra paziente, famiglia e équipe multidisciplinare, facilitando la condivisione delle scelte di cura e la pianificazione personalizzata degli interventi. Nel loro agire, gli infermieri si fanno interpreti dei desideri e delle paure di chi soffre, offrendo conforto, sicurezza e una presenza umana insostituibile. Accompagnano i pazienti nei momenti più difficili, sostenendo anche i familiari nel percorso di accettazione e nell’elaborazione del lutto e tutti gli altri professionisti dell’equipe, primi tra tutti noi medici".

Dignità e umanità: le cure palliative nel nuovo Codice dell’Infermiere (2025)

Un ruolo, quello dell’infermiere nell’assistenza della persona, fortemente riconosciuto anche nel nuovo Codice Deontologico delle Professioni Infermieristiche, approvato a febbraio dalla FNOPI - Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche. "Il nuovo codice", chiarisce Aurelio Filippini, consigliere SICP ed estensore del documento, "conferma il forte impegno professionale nella tutela dell'Uomo come valore in sé, nel rispetto dell’autodeterminazione dei suoi valori e della sua concezione di vita e di dignità". 

L’infermiere protegge e tutela il benessere della persona assistita (Art. 16), previene e si adopera per la gestione del dolore, nel rispetto della volontà della persona (Art. 25) e garantisce la cura fino al termine della vita della persona (Art. 26), riconoscendone il sollievo nelle dimensioni fisiche, psicologiche, relazionali, spirituali e ambientali. Si prende cura dei famigliari e delle persone di riferimento della persona assistita nell’evoluzione finale della malattia, nel momento della perdita e nella fase di elaborazione del lutto.

"Oggi gli infermieri non sono più gli eroi silenziosi del periodo pandemico, ma sono diventati professionisti qualificati costretti a emigrare all’estero per trovare un’occupazione gratificante e in grado di offrire le giuste prospettive future sotto i profili lavorativo, sociale ed economico". Così Luigi Baldini, Presidente di Enpapi, l'Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza della Professione Infermieristica, per il quale il ruolo dell’infermiere nella sanità italiana resta comunque centrale, una funzione dalla quale non si può prescindere e che "deve essere garantita sull’intero territorio nazionale, soprattutto nelle aree più degradate, vicino ai più fragili, nei punti di emergenza e di primo soccorso, sulle ambulanze".

La Giornata internazionale dell’infermiere, che si celebra ogni anno il 12 maggio in onore di Florence Nightingale, riconosciuta come la fondatrice dell’assistenza infermieristica moderna, è l’occasione, secondo Baldini, per "rilanciare queste necessità e ricordare l’urgenza di interventi mirati e concreti. La grave carenza di infermieri – aggiunge – e il minore interesse per la formazione universitaria, con sempre meno giovani che scelgono di frequentare corsi universitari per diventare infermieri, sono sintomi di un malessere diffuso, che evidenzia la poca attrattività della professione, penalizzata inoltre da stipendi ancora troppo bassi. L’auspicio è che il Governo amplifichi i propri sforzi, mettendo in campo azioni ad ampio raggio, che oltre all’incremento delle necessarie risorse economiche accompagnino un cambio culturale capace di valorizzare il lavoro dell’infermiere in ogni sua parte. Ribadiamo la disponibilità di Enpapi – conclude Baldini – a supportare, con la sua rete di infermieri liberi professionisti, distribuita in modo capillare sul territorio italiano, le eventuali iniziative che saranno messe in campo dal Governo".

"Una nobile professione, al servizio della gente, dei popoli. È quella pensata oltre due secoli fa da Florence Nightingale e che oggi viene ricordata nella Giornata Internazionale dell’Infermiere. Vorremmo che l’attenzione generata non si spegnesse nell’arco delle odierne 24 ore e che a questa figura, come alle tante altre che compongono la sanità italiana, fossero riconosciuti giusti diritti e quella dignità troppo spesso messa al margine. Dall’aumento delle retribuzioni per allinearle alla media europea, alla sicurezza sui luoghi di lavoro, alla piaga del demansionamento, all’eliminazione del vincolo di esclusività fino al riconoscimento del lavoro usurante tante sono le battaglie da combattere ricordando il grande sacrificio compiuto dalle infermiere e dagli infermieri italiani nei giorni bui della pandemia per il bene della comunità nazionale. Già da domani quindi noi saremo di nuovo in prima fila al loro fianco perché sia riconosciuto con gesti tangibili il grande contributo da loro offerto all’Italia e la professione possa tornare ad essere attrattiva e i nostri giovani possano andare a colmare le macroscopiche carenze degli organici che rappresentano uno dei gravissimi problemi che attanaglia il nostro ssn" dichiara in una nota Gianluca Giuliano, segretario nazionale della UGL Salute.

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