Canali Minisiti ECM

Rischio Long Covid, scoperta variante genetica che lo aumenta del 60 per cento

Infettivologia Redazione DottNet | 25/05/2025 18:41

A spingere la ricerca è stato un quesito ancora aperto: le cause biologiche alla base dei sintomi persistenti post Covid rimangono poco chiare, spiegano gli autori del lavoro pubblicato su 'Nature Genetics'

Continua lo sforzo degli scienziati per decifrare il rebus del Long Covid, sintomi persistenti che tormentano alcune persone per molto tempo dopo che hanno archiviato l'infezione da Sars-CoV-2. Un team internazionale di ricercatori potrebbe aver identificato un link genetico con la sindrome, una variante che aumenta il rischio e che si trova vicino a un gene noto per influenzare la funzione polmonare. A spingere la ricerca su questo fronte è stato un quesito che resta ancora aperto a diversi anni dalla crisi pandemica: le cause biologiche alla base dei sintomi persistenti post Covid rimangono poco chiare, spiegano gli autori del lavoro pubblicato su 'Nature Genetics'.

Ci sono persone, anche giovani, che da quando sono state colpite dal virus convivono con stanchezza, difficoltà cognitive (come quella sensazione di offuscamento che è stata definita 'brain fog', nebbia cognitiva) e problemi respiratori, tutti sintomi che possono ridurre significativamente la qualità della vita.

In una collaborazione internazionale - battezzata Long Covid Host Genetics Initiative - i ricercatori hanno analizzato i dati genetici di 6.450 pazienti con la sindrome e più di un milione di soggetti usati come controllo in 24 studi provenienti da 16 Paesi. E hanno individuato la variante genetica che secondo la loro analisi aumenta il rischio di Long Covid di circa il 60%. L'associazione è stata confermata in un'analisi indipendente che ha coinvolto altri 9.500 casi.

pubblicità

La variante genetica identificata si trova proprio accanto al gene Foxp4, che è coinvolto nello sviluppo polmonare e nelle malattie polmonari. "I nostri risultati suggeriscono che la funzione polmonare compromessa svolge un ruolo chiave nello sviluppo di Long Covid - spiega Hugo Zeberg, Dipartimento di fisiologia e farmacologia, Karolinska Institutet, uno dei ricercatori principali dello studio -. Dal momento che questa variante genetica aumenta significativamente il rischio, è importante riconoscerla come un pezzo di un puzzle molto più grande". Gli studi genetici, aggiunge Hanna Ollila dell'Institute for Molecular Medicine Finland, Università di Helsinki, ricercatrice al Massachusetts General Hospital, che ha co-diretto lo studio, "possono fornire informazioni sui fattori di rischio della malattia e sono particolarmente potenti per quelle patologie in cui i meccanismi esatti rimangono sconosciuti".

Commenti

Rispondi
Rispondi

I Correlati

A livello globale, riferisce l'Oms, sono segnalati 6.823 casi di Mpox e 16 decessi

Studio dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù in collaborazione con l’Università di Roma “Tor Vergata” e il Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston

Somministrato per iniezione due volte l'anno, il farmaco ha dimostrato un'efficacia di oltre il 99,9% nel prevenire il contagio negli adulti e negli adolescenti, talmente alta da poter essere considerato funzionalmente simile a un vaccino

Metà dei casi in Sud Sudan e Afganistan, un miliardo a rischio

Ti potrebbero interessare

Commissario straordinario, armonizzare azioni nei territori

Le indicazioni per la prossima campagna ricalcheranno quelle dello scorso autunno, quindi l'anti-Covid sarà "raccomandato" a persone di età pari o superiore a 60 anni. Dalla Florida sconsigliano i vaccini mRna

Lo rivela una ricerca sul New England Journal of Medicine

Nello spot di Italia Longeva il rapporto speciale tra nonno e nipote per sensibilizzare sulla importanza della prevenzione vaccinale per difendersi dalle malattie più temibili nella terza età

Ultime News

Più letti