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Malattia di La Peyronie: disponibile il primo trattamento a base di acido ialuronico

Urologia Redazione DottNet | 08/10/2025 13:36

Nel nostro Paese, uno studio multicentrico ha stimato una diffusione della patologia pari al 7,1% negli uomini tra i 50 e i 70 anni

È una patologia che molti uomini affrontano in silenzio e con imbarazzo, spesso senza sapere di cosa si tratti: la Malattia di La Peyronie, ben nota agli specialisti ma ancora poco conosciuta ai più. Caratterizzata dalla presenza di placche fibrotiche nella tunica albuginea del pene, è una condizione cronica che riduce l’elasticità del tessuto penieno e può causare dolore, incurvamento e disfunzione erettile.

"L’eziologia di questa malattia rimane ad oggi ancora incerta, anche se diverse ipotesi ne suggeriscono un’origine autoimmune, in cui il sistema immunitario stesso innesca il processo patologico.

Tuttavia, in alcuni casi può insorgere anche in assenza di predisposizioni evidenti", dichiara Luca Boeri, Urologo e Andrologo, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. "La reale prevalenza nel nostro Paese non è nota, poiché la comunicazione su questo tipo di disturbi è ancora condizionata da forti tabù socioculturali. Gli uomini che ne soffrono, infatti, incontrano spesso difficoltà nel parlarne con lo specialista, minimizzano i sintomi o forniscono informazioni incomplete, ostacolando così una valutazione clinica corretta".

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Secondo la letteratura internazionale, la prevalenza della malattia varia tra lo 0,7% e l’11% della popolazione maschile adulta, con un picco nella fascia 50–60 anni[2]. Il dato nazionale non è dissimile: in Italia uno studio multicentrico ha stimato una diffusione del 7,1% negli uomini tra i 50-70 anni1. La malattia può manifestarsi anche in pazienti più giovani, sotto i 40 anni, con una prevalenza riportata tra l’1,5% e il 16,9%2 sia perché molti pazienti, per imbarazzo o stigma culturale, tendono a evitare il confronto con il medico. Oggi, per la prima volta, è disponibile in Italia un trattamento a base di acido ialuronico per la fase acuta della patologia, che segna un importante passo avanti nella gestione clinica di questa condizione.

"Questo nuovo trattamento consiste in un’iniezione intraplacca di acido ialuronico ultrapuro, somministrato in cicli settimanali di 10 - 12 settimane, che ha l'obiettivo di ridurre significativamente la placca fibrosa della tunica albuginea, favorendo la corretta guarigione dei tessuti", dichiara Andrea Salonia, Professore Ordinario di Urologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. "Poter intervenire nella fase acuta significa non solo alleviare i sintomi, ma anche limitare la progressione della malattia, prevenendo l’evoluzione cicatriziale che renderebbe più complessa la gestione clinica e limiterebbe l’efficacia di eventuali procedure successive, come i trattamenti di stretching o di rettilineizzazione del pene".

Ancora oggi, l’imbarazzo associato alla Malattia di La Peyronie rappresenta uno degli ostacoli più significativi al raggiungimento di un percorso diagnostico adeguato. Per questo motivo, è fondamentale adottare un approccio multidisciplinare che affronti in modo integrato tutti gli aspetti legati alla gestione della patologia.

"In questo senso il medico di famiglia, grazie al suo rapporto fiduciario, gioca un ruolo fondamentale nell’aiutare il paziente a superare queste "barriere".  Rappresenta, infatti, il primo interlocutore a cui rivolgersi per raccogliere un’anamnesi accurata e con cui instaurare un dialogo confidenziale, che consenta al paziente di abbattere i tabù e al medico di orientarlo verso lo specialista di riferimento", spiega Gianmarco Rea, Medico di Medicina Generale e Segretario S.I.M.G Regione Lazio. "Tuttavia, al momento della diagnosi, tra i MMG permane ancora un limite di carattere formativo nel riconoscimento della patologia. Si tratta infatti di una condizione storicamente poco trattata in ambito accademico, dove l’attenzione si è concentrata soprattutto su altre patologie urologiche più frequenti. Per questo è importante mettere a disposizione dei Medici di Medicina Generale strumenti formativi e diagnostici che garantiscano una presa in carico appropriata del paziente affetto da malattia di La Peyronie".

Ma per assicurare un percorso di cura completo ed efficace, è fondamentale non trascurare anche le conseguenze psicologiche che la malattia comporta. Ansia, vergogna e senso di inadeguatezza possono alimentare il timore del giudizio sociale e indurre alcuni pazienti a evitare i rapporti, fino a isolarsi.

"L’intervento dello psicologo assume un’importanza cruciale nella gestione della malattia andando ad agire su più dimensioni: rafforzare l’autostima, ristrutturare le credenze legate alla sessualità e gestire l’ansia da prestazione. È importante, infatti, aiutare il paziente a comprendere che il proprio valore personale e relazionale non coincide solo con la performance sessuale", spiega Sabina Fasoli, Psicoterapeuta, Sessuologa Clinica e Consulente di coppia. "Le strategie terapeutiche nella gestione di patologie come la malattia di La Peyronie, mirano a un vero e proprio "reset mentale", riducendo confronti disfunzionali e promuovendo la cura della persona a 360° attraverso uno stile di vita sano, attività fisica e attenzione al benessere generale per prevenire isolamento e depressione. Il supporto psicologico ha un ruolo centrale nel ricostruire la fiducia in sé stessi, ma deve integrarsi con quello medico per garantire un percorso di cura completo ed efficace".

IBSA conferma il proprio impegno nell’area dell’uro-ginecologia, continuando a investire nella ricerca e nello sviluppo di soluzioni innovative a base di acido ialuronico. "Si tratta di un area terapeutica molto importante e il costante confronto con la comunità scientifica ci ha permesso di individuare le reali esigenze dei pazienti", afferma Andrea Giori, Head of Preclinical & Clinical Research IBSA. "Per IBSA questo è sicuramente un importante punto di partenza: la sinergia tra competenze consolidate, innovazione tecnologica e dialogo con la comunità scientifica ha consentito l’utilizzo dell’acido ialuronico anche in questa patologia".

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