Ad una paziente infertile fu somministrata terapia ormonale responsabile della nascita di un neonato con plurimalformazioni non rilevate nel periodo di gravidanza.
Nessuna informazione in merito a tale rischio aveva ricevuto la gestante ed in base a ciò i medici venivano condannati al risarcimento in favore oltre che dei genitori anche del minore per le sue malformazioni.
I medici oltre a contestare la natura teratogena dei farmaci, opponevano che le malformazioni erano teoricamente rilevabili in un’epoca in cui non era più possibile ricorrere all’aborto terapeutico,di qui nessun obbligo di risarcimento per il minore.
La Corte ha precisato che la mancata osservanza dell’obbligo dei sanitari del consenso informato riguardava esclusivamente la somministrazione a fini terapeutici di medicinali poi rivelatisi dannosi per il concepito e non l’eventuale esercizio del diritto all’interruzione di gravidanza.
Il nascituro o concepito risulta dotato di autonoma soggettività giuridica perché titolare, sul piano sostanziale, di alcuni interessi personali in via diretta, quali il diritto alla vita, il diritto alla salute o integrità psico-fisica, il diritto all’onore o alla reputazione, il diritto all’identità personale, rispetto ai quali l’avverarsi della nascita è condizione imprescindibile per la loro azionabilità in giudizio a fini risarcitori.
Sia il contratto che la paziente pone in essere con la struttura sanitaria sia il contratto della stessa con il singolo medico risultano produttivi di effetti, oltre che nei confronti delle stesse parti, anche di ulteriori effetti, c.d. protettivi, nei confronti del concepito e del genitore, come terzi.
La Sentenza (Cass., Sez. III, n. 10741 dell’11 maggio 2009)
Stante la soggettività giuridica del concepito, questi ha diritto a nascere sano per cui sussiste il corrispondente obbligo dei sanitari di risarcirlo per mancata osservanza sia del dovere di una corretta informazione (ai fini del consenso informato) in ordine alla terapia prescritta alla madre (e ciò in quanto il rapporto instaurato dalla madre con i sanitari produce effetti protettivi nei confronti del nascituro), sia del dovere di somministrare farmaci non dannosi per il nascituro stesso.
Non avrebbe invece quest’ultimo avuto diritto al risarcimento qualora il consenso informato necessitasse ai fini dell’interruzione di gravidanza (e non della mera prescrizione di farmaci), stante la non configurabilità del diritto a non nascere (se non sano).
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