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Se il paziente rifiuta la prescrizione del curante non è necessario un dissenso scritto

Professione Mariano Paternoster | 23/09/2009 13:35

Il caso concerne l’imputazione per omicidio colposo nei confronti di un medico di base che avendo accertato segni e sintomi di infarto del miocardio in un suo paziente, a seguito del rifiuto al ricovero opposto dal paziente medesimo, non si era attivato per farlo soccorrere, con il risultato che il paziente decedeva di lì a poco.

La Sentenza (Cassazione Penale, n. 38852/05)
“Il rifiuto scritto all’invito del medico ad eseguire una terapia necessaria o a sottoporsi ad un ricovero ospedaliero non è altro che un mezzo idoneo a meglio dimostrare che tale invito sia stato formulato, con precisazione della necessità dei detti interventi, ma la prova di una condotta altrettanto risoluta da parte del medico ben può essere fornita diversamente, fermo restando, per le prove testimoniali, il doveroso vaglio all’attendibilità delle dichiarazioni. […] La previsione del consenso scritto nel Codice di deontologia medica non solo non è una norma cogente, ma ha la mera finalità di responsabilizzare il medico, il quale, se ha comunque adeguatamente informato il paziente, pur non ottenendo risposta scritta (che certamente non può essere imposta), non può ritenersi negligente”.

Secondo la tesi accusatoria il medico di base non aveva osservato i comportamenti minimi emergenziali richiesti dal caso, non attivandosi in maniera più risoluta per soccorrere il paziente, chiamando direttamente l’autoambulanza ovvero accompagnando lui stesso in ospedale il paziente, e non informando nemmeno direttamente i familiari del malato, tutte condotte che ci si sarebbe responsabilmente attese da un medico di famiglia.
Nessun diniego scritto al ricovero era stato, inoltre, stilato mentre per prassi e secondo le norme del Codice di deontologia il consenso/dissenso deve essere formulato per iscritto, dovendosi dimostrare che il paziente sia stato adeguatamente informato e che abbia successivamente espresso con chiarezza la propria meditata determinazione.

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La Corte, in effetti, rilevava che indubbiamente quanto più risulta elevato il rischio che la malattia degeneri in un evento grave, tanto più il medico deve sia prospettare con chiarezza la situazione di pericolo al paziente sia insistere affinché egli si sottoponga alle cure adeguate.
Ciò nondimeno tale insistenza non può sfociare in una azione impositiva contro la volontà del paziente.
Non sussisteva, secondo la Corte, sotto il profilo della probabilità logica, neppure il nesso causale tra presunta omissione del medico e decesso del paziente, stante il breve tempo intercorso tra la diagnosi della malattia, con relativa informativa della necessità del ricovero ospedaliero e il decesso che, con ogni probabilità, si sarebbe comunque verificato prima che il paziente arrivasse in ospedale e gli fossero prestate le cure necessarie.

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