Il settore farmaceutico italiano inizia a soffrire. Fra i primi segnali di "forte criticità" evidenziati da Farmindustria, durante l'assemblea pubblica che si tiene oggi a Roma, il rallentamento degli investimenti passati da una crescita annua del 6% tra il 2002 e il 2007 a una dell'1,3% nel 2009. C'è poi l'inversione del saldo estero dei medicinali che, dopo un decennio in attivo, è ora in passivo per 720 milioni, con un trend confermato anche nei primi mesi del 2010. Le aziende farmaceutiche e i loro lavoratori devono inoltre fare i conti con la riduzione dell'occupazione di 7.200 unità tra il 2006 e il 2009 (-10%). Tutto ciò senza dimenticare - fa notare Farmindustria - che la spesa farmaceutica convenzionata pro-capite è in Italia di 184 euro, contro i 267 dei grandi Paesi europei. Un dato addirittura in calo rispetto al 2001. Il Paese - ammonisce l'associazione degli imprenditori del farmaco - non può perdere un'industria di qualità che conta 67.500 addetti, per il 90% laureati o diplomati, il 54% della produzione verso l'export, 2,3 miliardi di euro di investimenti all'anno, e che determina il 43% delle esportazioni dei settori 'science-based' del Paese ed è il primo dei settori hi-tech italiani per quota di mercato mondiale.
La spesa farmaceutica convenzionata italiana - evidenzia ancora Farmindustria - è la più bassa tra i grandi Paesi europei (-31% pro-capite rispetto alla media, un valore inferiore anche considerando la distribuzione diretta) e dal 2001 al 2009 è diminuita del 4%. Nello stesso periodo, gli altri capitoli di spesa sanitaria sono cresciuti del 57,8%.
La spesa farmaceutica pubblica totale (territoriale più ospedaliera) tra il 2006 e il 2009 è aumentata del 4,8% rispetto al +9,9% delle altre voci di spesa sanitaria (e in particolare al +15,4% di altri beni e servizi). Nonostante questo, il 2009 è stato l'ottavo anno consecutivo di tagli dei prezzi dei medicinali che dal 2001 sono scesi del 25% rispetto a un'inflazione del 19%.
Fonte: Adnkronos
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