Ricoveri inutili, farmaci ed esami non necessari: un'abitudine sempre più frequente per quasi otto medici su dieci in Italia, soprattutto tra quelli a inizio carriera. Il motivo? La paura di finire in una causa legale e dover pagare il risarcimento del danno. Meglio quindi 'difendersi' con esami e interventi 'inutili'. Un fenomeno, quello della medicina difensiva, che sta facendo lievitare i costi per la sanità pubblica e le assicurazioni. Negli Stati Uniti il problema della malpractice in campo medico costa al sistema sanitario oltre 55 miliardi di dollari l'anno, mentre in Italia, secondo l'Ania (Associazione nazionale imprese assicuratrici), ogni anno sono circa 15 mila le controversie medico-legali pendenti nei tribunali, accompagnate da una crescita esponenziale dei premi assicurativi.
Ma a delineare il quadro di quanto sia diffusa l'abitudine alla medicina difensiva è una ricerca condotta su 307 medici di diverse specialità, e contenuta in una ricerca del Centro studi 'Federico Stella' dell'Università Cattolica di Milano. I numeri parlano chiaro dice l'avvocato Francesco D'Alessandro tra gli autori del lavoro: il 77,9% dei medici ha dichiarato di aver assunto una condotta difensiva nell'ultimo mese di lavoro. A prediligere questo tipo di comportamento sono soprattutto i più giovani: nella fascia d'età tra i 32 e 42 anni è il 92,3%, contro il 67,4% di quelli tra i 63 e 72 anni. Un atteggiamento che si concretizza inserendo in cartella clinica annotazioni evitabili (82,8%), ricoverando pazienti gestibili in ambulatorio (69,8%), prescrivendo un maggior numero di esami diagnostici rispetto al necessario (61,3%), richiedendo consulti non necessari con altri specialisti (58,6%), prescrivendo farmaci non necessari (51%) ed escludendo pazienti a rischio da alcuni trattamenti (26,2%).
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