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Malattie croniche, come cambia il ruolo del medico: cure cucite sul paziente

Medicina Interna Redazione DottNet | 14/05/2011 18:43

Sono 12 milioni gli italiani, pari al 20% della popolazione, che convivono con almeno due malattie croniche. Una condizione tipica soprattutto degli over 55enni, ben 9,5 milioni, e delle donne (sono il 56% degli over 55 in queste condizioni). A rilevare il fenomeno è la Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti (Fadoi), riunita a Firenze per il suo congresso nazionale. La presenza di più patologie croniche (co-morbilità o multi-morbilità) diviene più frequente man mano che avanza l'età: 7 anziani su 10 con più di 75 anni sono affetti infatti da almeno due malattie, anche se la pluripatologia non risparmia nemmeno i più giovani.

Tra i 45 e i 54 anni sono 1,4 milioni (16,6%) quelli con almeno due malattie croniche. ''Quello che si sta verificando - spiega Carlo Nozzoli, presidente Fadoi - è un cambiamento epocale per la sanità e per il medico, che deve rapportarsi a questa nuova specie di pazienti. Non possiamo più usare gli schemi tradizionali usati in passato, ne' applicare pedissequamente le linee guida. Bisogna mettere in pratica una medicina cucita sul paziente, individuando i percorsi più idonei e le priorità''. Una sorta di percorso a ostacoli per il quale è necessario una maggiore attenzione da parte dei medici che debbono costruire un complesso puzzle di cure personalizzate.

A confermare tale fenomeno è la situazione che si può incontrare nei reparti di medicina generale, come dimostra uno studio condotto su 386 pazienti ricoverati in 11 reparti di Emilia Romagna e Marche: l'età media è 71,9 anni e nella maggioranza dei casi, oltre alla diagnosi di ammissione in reparto, ci sono almeno altre tre patologie concomitanti.

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Le ragioni di ricovero più frequenti sono cancro, scompenso cardiaco, ictus, polmonite, broncopneumopatia cronica ostruttiva, cui si aggiungono ipertensione, aterosclerosi, anemia, diabete, insufficienza renale, neuropatie, aritmie cardiache o patologie reumatologiche. Il 55% dei ricoverati non è autosufficiente, il 10% ha difficoltà di comunicazione, e il 63% ha bisogno di assistenza sanitaria dopo le dimissioni.

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