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Cassazione, il medico deve risarcire il danno causato da negligenza. La sentenza contro un dentista

Professione Redazione DottNet | 01/08/2011 09:36

Non solo non è tenuto a pagare il compenso professionale, ma ha diritto al risarcimento dei danni subiti, il cliente cui il dentista ha causato un danno permanente. La situazione di degrado dell’apparato dentario del cliente non giustifica l’errore del dentista che deve usare la diligenza e la perizia nel progettare e nell’eseguire gli impianti dentari avuto riguardo alla specifica preparazione richiesta allo specialista.

 Così la Cassazione con la Sentenza n. 15993/2011, ha rigettato il ricorso, promosso da un dentista, avverso la pronuncia di appello con cui era stato sancito che il cliente nulla doveva al dentista per la propria prestazione professionale, ma, anzi aveva diritto al risarcimento per le lesioni permanenti a un ramo del nervo facciale causato dall’imperizia del dentista nell’eseguire un impianto dentario. Secondo la Suprema Corte, dunque, in tema di rapporti fra paziente e medico, una volta dimostrato il contratto o il contatto sociale e l'insorgenza o l'aggravamento della patologia, con l'allegazione di inadempienze specifiche idonee a provocarli, grava sulla controparte dimostrare che l'inadempimento non vi è stato o che non ha determinato il danno lamentato. I giudici della terza sezione civile spiegano che lo sforzo probatorio dell'attore può dunque non spingersi oltre la deduzione di qualificate inadempienze in tesi idonee a porsi come causa o concausa del danno, restando poi a carico del convenuto l'onere di dimostrare che nessun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia può essergli mosso o che l'inesatto adempimento non ha avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno.

“In primo grado, il giudice –  afferma  l’avvocato  Anna Teresa Paciotti dello studio legale Law - aveva rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo per il pagamento delle cure dentistiche e la richiesta di risarcimento dei danni, sulla base della considerazione della situazione degradata dell’apparato dentario del cliente e la novità delle terapie applicate rese rischiose dalla inesistenza di procedure e tecniche rese univoche e consolidate dall’esperienza. Ma, il giudice di appello ha revocato il decreto ingiuntivo e condannato il dentista a risarcire al cliente i danni subiti. Avverso la sentenza di appello, il dentista ha promosso ricorso per Cassazione”.

I motivi di censura - Solo in appello è stata contestata la colpa grave, il riparto dell’onere della prova, l’esclusione che si trattasse di un intervento di particolare difficoltà.

La pronuncia della Corte - Tutte le censure sono prive di fondamento. Il giudice di appello ha correttamente rilevato che le censure dell’opponente inizialmente circoscritte alla richiesta di risarcimento per i danni subiti, aveva criticato l’esito della perizia del primo CTU al quale era stato chiesto di valutare se il dentista avesse operato con la dovuta diligenza e perizia, con ciò estendendo le proprie critiche a tutto l’operato del dentista, l’ampliamento del thema decindendum è avvenuto in primo grado. Trattandosi di responsabilità contrattuale, il cliente era onerato solo di provare la fonte del suo diritto limitandosi alla mera allegazione delle circostanze dell’inadempimento, mentre la controparte deve provare l’esatto adempimento. Quanto alle difficoltà dell’intervento, la Corte ha ribadito la non sussistenza di tali difficoltà e, in ogni caso, il medico specialista deve avere la preparazione richiesta anche per affrontare situazioni complesse.

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