Sono 800 in Italia, e 600 di loro lavorano a fianco dei radiologi in ospedale, nella radiodiagnostica e nelle radioterapie, nei reparti di medicina nucleare. Ma la loro presenza, pur obbligatoria per legge, e' saltuaria in molti ospedali dove sono consulenti, soprattutto al Sud. Sono i fisici medici, tecnici la cui formazione (laurea in Fisica e specializzazione) richiede non meno di nove anni ma, caso unico nell'area della sanita', la cui professione non e' riconosciuta dallo Stato.
Lo ha affermato con forza, incontrando oggi i giornalisti all'Universita' di Milano, Guido Pedroli, gia' presidente dell' Associazione Italiana di Fisica Medica (Aifn), che ha spiegato come la presenza in Radiologia del fisico medico sia importante, ''poiche' a lui e' richiesto di fornire al medico le indicazioni per gestire al meglio e in modo sicuro le tecnologie, in relazione alla protezione dei pazienti e degli operatori''. In particolare, ''noi lavoriamo insieme ai radiologi - ha precisato Pedroli, che lavora all'Istituto europeo di oncologia - per fornire loro sia le immagini di miglior qualita' possibile, sia le indicazioni per ottimizzare la dose di radiazioni da somministrare al paziente. Una dose troppo alta puo' generare un danno al paziente, una troppo bassa e' inefficace e questo puo' anche essere peggio.
La finalità del divieto è di garantire la massima efficienza e funzionalità operativa all'Ssn, evitando gli effetti negativi di un contemporaneo esercizio, da parte del medico dipendente, di attività professionale presso strutture accreditate
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