Esistono due tecniche principali per trattare tempestivamente un ictus: a parita' di farmaco utilizzato, uno consiste in una semplice iniezione, l'altro ha bisogno di un catetere per portare la terapia direttamente all'arteria occlusa. Ora uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ha stabilito che la prima scelta terapeutica deve ricadere sull'iniezione: si tratta della 'Synthesis Expansion', ricerca che e' stata ideata e coordinata da Alfonso Ciccone, direttore della Struttura di Neurologia dell'Azienda Ospedaliera Carlo Poma di Mantova (nella foto).
Gli esperti hanno analizzato 362 pazienti arruolati in 24 centri, con uno studio partito 4 anni fa. ''C'era molta attesa da parte di tutta la comunita' scientifica internazionale per questa ricerca non profit - spiega il Poma - finanziata dall'Agenzia Italiana del Farmaco con l'obiettivo di dimostrare la superiorita' di uno dei due trattamenti rispetto all'altro, calcolata in termini di sopravvivenza ma anche di possibili disabilita' a 90 giorni dalla cura''. Le due tecniche utilizzano lo stesso farmaco 'sciogli-trombo', l'rt-PA, che nella trombolisi periferica viene iniettato in una vena del braccio, entro un massimo di 4 ore e mezza dall'ictus; nel trattamento intra-venoso, invece (nella stessa finestra di tempo) il farmaco viene portato direttamente all'arteria cerebrale che il trombo ha occluso da uno speciale catetere, introdotto dall'inguine o dal braccio. ''Per questo secondo trattamento le competenze e le risorse da mettere in campo sono molte di piu', occorre infatti avere a disposizione una sala angiografica con la presenza di un anestesista, di un chirurgo endovascolare e di un neuro-radiologo interventista.
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Fonte: New England Journal of Medicine
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