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Geymonat, confermati gli arresti per i dirigenti

Aziende Redazione DottNet | 23/07/2013 17:03

La vicenda Geymonat di Anagni per i presunti farmaci adulterati continua. Dopo l’arresto di un mese fa di tre dirigenti dello stabilimento anagnino, è arrivata la conferma per i domiciliari da parte del Tribunale del Riesame di Roma. I tre, come si ricorderà, erano stati accusati di adulterazione e contraffazione di medicine.

Una vicenda scabrosa, soprattutto perché uno dei farmaci che secondo l’accusa sarebbero stati adulterati, era una medicina in supposte usata per curare la tosse e somministrata in particolare ai bambini. Confermando dunque la misura dei domiciliari per il responsabile dello stabilimento, per il responsabile dell’assicurazione di qualità e per il responsabile del controllo, gli inquirenti hanno in pratica confermato la gravità delle accuse partite dalla segnalazione di un farmacista. Che un mese fa aveva portato, con la collaborazione tra l’altro dei Nas a scoprire che nelle medicine si sarebbe trovato un principio attivo diverso da quello dovuto. Una circostanza, secondo l’accusa, decisa dalla dirigenza dopo che la ditta fornitrice del principio originario avrebbe interrotto la fornitura. La dirigenza a suo tempo aveva respinto le accuse, ricordando di avere immediatamente sospeso la produzione dei farmaci contestati.

Per i giudici invece «Risulta sussistente la gravità indiziaria a carico degli indagati», visto che tutto sarebbe stato fatto per «finalità esclusivamente commerciali ed economiche, a fronte delle quali diventava subvalente la salute dei destinatari finali del prodotto». Rimane, sta scritto nell’ordinanza, un «concreto pericolo di reiterazione», anche perché «nel corso delle indagini è emerso che il ricorso all'adulterazione riguardava anche altri farmaci». Duro il giudizio sui dirigenti coinvolti, che per i giudici «hanno dimostrato una notevole spregiudicatezza ed una ferma determinazione criminosa, arginabili esclusivamente con la misura dei domiciliari», causando un «elevato rischio di inquinamento probatorio». 

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Fonte: tribunale del riesame

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