E' stata messa a punto dai ricercatori del Bambino Gesù. Colpito il 15% dei piccoli
Una nuova terapia è in grado di sconfiggere il fegato grasso nei bambini e di migliorare in maniera significativa i parametri metabolici. Messa a punto dai medici dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù, la sua efficacia è stata dimostrata per la prima volta da una sperimentazione clinica condotta su 43 piccoli pazienti con fegato grasso infiammato associato a deficit di vitamina D. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PlosOne.
Fino ad oggi non esisteva una terapia valida per la steatoepatite non alcolica pediatrica (NASH), la forma più severa di fegato grasso caratterizzata da infiammazione e danni epatici - come la fibrosi appunto - che possono portare alla cirrosi. Tra le cause della malattia vi è l'obesità e l'aumento del numero dei bambini con sovrappeso e obesità nei Paesi industrializzati ha portato al parallelo aumento di casi di fegato grasso (o steatosi). Negli ultimi vent'anni, infatti, la steatosi ha raggiunto proporzioni epidemiche anche tra i più piccoli diventando la patologia cronica del fegato di più frequente riscontro nel mondo occidentale.
La nuova sperimentazione ha dimostrato per la prima volta in campo pediatrico che la somministrazione per 6 mesi di una miscela di acido docosaesaenoico o DHA, e vitamina D induce un miglioramento significativo dei parametri metabolici e che l'assunzione combinata di questi due principi attivi blocca l'attività delle cellule responsabili della produzione dell'accumulo di grasso nel fegato.
"Possiamo quindi dire - spiega Valerio Nobili, responsabile dell'unità operativa di Malattie Epato-Metaboliche del Bambino Gesù - che per questi bambini con fegato grasso infiammato oggi abbiamo una valida soluzione terapeutica, fino a ieri non disponibile, e facilmente prescrivibile anche da un pediatra di base. Per il futuro stiamo già lavorando a una terapia che oltre alla somministrazione di vitamina D e DHA preveda anche quella di specifici probiotici. Riteniamo infatti sia questa la strada migliore e più veloce per giungere a una terapia in grado non solo di bloccare lo sviluppo della fibrosi e il progredire della malattia epatica, ma di farla regredire fino alla completa guarigione".
fonte: ansa
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