Con la sentenza n. 4449 del primo marzo scorso, la Suprema Corte rigetta la violazione del principio di uguaglianza
La Corte di Cassazione è intervenuta in materia di retribuzione dei medici specializzandi, con la sentenza n. 4449 del 1 marzo scorso (clicca qui per scaricare il documento completo), in relazione al trattamento economico a questi riservato, differente a seconda dell’anno di immatricolazione alle scuole.
Era stata infatti sollevata una questione di violazione del principio di uguaglianza, riporta il sito Diritto.
Nel caso di specie, il procedimento era stato avviato da medici specializzandi che avevano conseguito una borsa di studio per la frequenza della scuola di specializzazione, i quali convenivano in giudizio il Ministero dell’Istruzione, il MEF, La Presidenza del Consiglio e la Regione di appartenenza per sollevare una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea circa la compatibilità del diritto interno con quello europeo. In particolare, le disposizioni contestate erano gli artt.37-42 del d. lgs. n. 368/1999, in quanto la loro applicazione veniva posticipata nei confronti dei medici specializzandi che si fosse iscritti alle scuole a partire dall’anno accademico 2006-2007.
I giudici di legittimità hanno rigettato le doglianze dei medici ricorrenti. Innanzitutto, la pronuncia ripercorre la ratio delle diverse direttive europee succedutesi in materia di svolgimento dell’attività sanitaria, anche a livello di specializzazione: in particolare, la disciplina intende favorire e fare in modo che il medico dedichi tutta la propria attività professionale al corso teorico-pratico e che per questo debba ricevere un’adeguata retribuzione. In relazione all’applicazione della direttiva europea, dato che dalle istituzioni di Bruxelles non era richiesta l’approvazione dei una disciplina identica in ciascun Stato membro, il fatto che la normativa italiana sia diversa da quella di altri Paesi europei, non costituisce una disparità di trattamento dei medici specializzandi italiani. Parimenti, non vi sarebbe alcuna disparità di trattamento derivante dalla decisione del Legislatore italiano di modulare nel tempo l’applicazione della normativa sopra richiamata: rientra infatti nella discrezionalità del Legislatore il differire l’operatività di una riforma normativa.
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