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Enpam, liquidata la prima pensione in cumulo. P.A. no a Tfr in ritardo

Previdenza Redazione DottNet | 13/04/2018 20:57

Oliveti, abbiamo mantenuto le promesse fatte, ora via anche alle altre pratiche. Troppi due anni per il Tfr nella p.a.: la questione va alla Consulta

Liquidata dall'Enpam (Ente previdenziale dei medici e dei dentisti) ad una propria iscritta la prima pensione in regime di cumulo gratuito dei contributi. Lo fa sapere la stessa Cassa professionale, riferendo che la dottoressa "aveva presentato la propria domanda all'Inps quasi un anno fa", e che gli uffici Enpam "hanno completato la pratica in tre giorni".

"Abbiamo mantenuto le promesse fatte. La mediazione di cui siamo stati protagonisti ha permesso di sbloccare la situazione (il 28 marzo scorso è stato raggiunto un accordo fra l'Inps e l'Adepp, l'Associazione delle Casse private, per l'avvio dei pagamenti, dando così attuazione alla norma per il cumulo gratuito della contribuzione in vigore sulla carta dal primo gennaio 2017, ndr). Ora rapidamente potranno essere liquidate tutte le pensioni di chi ha fatto richiesta", dichiara il presidente dell'Enpam Alberto Oliveti.

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Come prevede la legge, il pagamento del trattamento pensionistico sarà effettuato dall'Istituto pubblico. La prima pratica di pensione in cumulo è stata definita "utilizzando la piattaforma informatica messa a disposizione dall'Inps questa settimana, e tuttora in fase di test, si chiude la nota.

I ritardi del Tfr

La Consulta è chiamata a decidere sulla legittimità del ritardo, che può superare anche i due anni, con cui nel pubblico impiego viene liquidato il trattamento di fine rapporto. I sindacati da tempo avevano annunciato battaglia contro le lunghe attese e promosso vari ricorsi in tutt'Italia. Ad arrivare per prima è stata l'ordinanza del Tribunale di Roma sul caso sollevato dal sindacato Confsal Unsa per una pensionata del ministero della Giustizia. Il giudice ha confermato i dubbi e rinviato la questione alla Corte Costituzionale.

Secondo il giudice, infatti, "una corresponsione dilazionata e rateale del trattamento di fine rapporto nell'ambito del pubblico impiego contrattualizzato può essere disposta in via congiunturale e programmatica, comunque temporanea, con specifico riferimento alla gravità della situazione economica in un determinato periodo di crisi, e non in via generale, permanente e definitiva, come avvenuto nella normativa in esame".

D'altra parte diversi provvedimenti e a più puntate hanno inciso in materia: dal 1997 in poi, passando per il 2010 e i successivi ritocchi. E' così che si va da un'attesa minima di 105 giorni, in caso di decesso o inabilità, che diventa di un anno per il raggiungimento dei limiti di età e di due anni per la pensione anticipata. Ma questi sono i tempi per la prima rata. L'importo viene versato in un'unica tranche solo se l'ammontare non supera i 50 mila euro, altrimenti la liquidazione viene divisa in rate annuali. Ecco che, denuncia il segretario generale della Confsal Unsa, Massimo Battaglia, che uno statale "a differenza di un lavoratore privato deve aspettare 27 mesi per ricevere una prima parte" che possono arrivare "a 51 mesi per l'ultima".

E il caso esaminato si riferiva proprio a una signora che deve aspettare quattro anni. Il giudice argomenta come il trattamento di fine rapporto debba essere pagato tempestivamente, altrimenti, come accadrebbe con la retribuzione, perderebbe il suo valore. L'emergenza economica in cui può versare il Paese, spiega l'ordinanza, può "giustificare un intervento temporaneo" di dilazione scaglionamento ma non altro. Questa, almeno, la posizione del tribunale.

Ora bisognerà vedere quando la Consulta si pronuncerà. Intanto la Confsal Unsa ricorda come la sua azione sui contratti sia valsa lo sblocco. Di certo ci sono altre cause che pendono in diversi fori, come quelle promosse dalla Cisl Fp che ha sostenuto anche una petizione. "Chiederemo al Parlamento e al prossimo governo - fa sapere il segretario generale Maurizio Petriccioli - di intervenire immediatamente".

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