L’acromegalia è una malattia endocrinologica rara di complessa gestione: in occasione del congresso Nazionale AME viene presentato ACRODAT, dispositivo medico software, per la valutazione della qualità di vita dei pazienti
«L’acromegalia è una malattia piuttosto rara che colpisce circa 5 nuovi pazienti all’anno ogni milione di abitanti – spiega Renato Cozzi, Coordinatore Attività Editoriale AME - Direttore Struttura Complessa Endocrinologia, A.S.S.T. "Grande Ospedale Metropolitano Niguarda" di Milano durante il 17° Congresso Nazionale AME, Associazione Medici Endocrinologi, in corso a Roma. Questa malattia è caratterizzata da un’eccessiva produzione dell’ormone della crescita (GH) che determina una progressiva crescita delle mani e dei piedi e il cambiamento della fisionomia. Ma i segni e i sintomi possono variare da paziente a paziente e questo porta spesso a diagnosticare la malattia con grande ritardo, anche dopo 7 anni dalla sua insorgenza, e per questo, alla diagnosi, si manifesta già con complicazioni spesso irreversibili quali ad esempio apnea del sonno, cardiopatia, ipertensione arteriosa, diabete mellito, artrosi invalidante. La secrezione incontrollata dell’ormone della crescita è causata da un adenoma dell’ipofisi, che nel 75–80% dei casi ha grandi dimensioni. Tali tumori benigni, per la loro dimensione e morfologia, vengono asportati dal neurochirurgo in maniera radicale solo nel 50-60% dei casi, nonostante l’introduzione nella pratica clinica negli ultimi decenni della tecnica endoscopica che ha ridotto il tempo di degenza ospedaliera senza però modificare i risultati chirurgici in termini di remissione della malattia.
L’acromegalia è una patologia complessa che necessita di un approccio multidisciplinare e richiede continui controlli e anni di follow up rendendone complessa la presa in carico del paziente.
«Questa malattia – illustra Maurizio Poggi, UOC Endocrinologia – Azienda Ospedaliera Sant’Andrea a Roma – in una ampia percentuale di casi, presenta difficoltà nel controllo dell’ipersecrezione ormonale e la necessità di compensare le numerose e complesse comorbidità associate. Recentemente, è stato sviluppato un software interattivo, denominato Acrodat (acromegaly disease activity tool), a supporto dell’endocrinologo nella gestione della malattia. Attraverso la valutazione di 5 importanti parametri (livelli IGF-1, variazione delle dimensioni del tumore, valutazione dei sintomi tipici, presenza di comorbidità e valutazione della qualità di vita mediante apposito questionario), il software è in grado di prevedere e offrire all’analisi dello specialista, oltre 200 scenari clinici utili per definire il grado di attività della malattia. Inoltre, il software prevede la possibilità di interazione (anche a domicilio) da parte del paziente attraverso la compilazione (ed invio) via internet del questionario sulla qualità di vita. I differenti macroscenari clinici sono 3: paziente adeguatamente controllato, con parziale attività di malattia e con significativa attività di malattia. Il risultato che l’uso di questo strumento produrrà nel percorso di cura non può ancora essere definito infatti sarà disponibile dal prossimo anno. Sarà necessaria una sua valutazione nella pratica clinica quotidiana ma ha le potenzialità per diventare un importante ausilio nel lavoro dell’endocrinologo per il follow up di questi pazienti.»
«Una diagnosi di acromegalia - racconta Fabiola Pontello, Presidente ANIPI Italia, Associazione Nazionale Italiana Patologie Ipofisarie – ha come prima reazione un senso di profondo abbandono, accentuato dalla consapevolezza che si tratta di una malattia rara e ancora poco conosciuta. Le persone che soffrono di acromegalia hanno bisogno di essere ascoltate e comprese perché questa malattia è subdola e cambia la vita. Comprendere tutti gli effetti della malattia sulla vita delle persone, non solo per i sintomi ma anche per il suo impatto emotivo è fondamentale. Il nuovo software Acrodat è in corso di introduzione in Italia e non abbiamo ancora avuto modo di visionarla ma accogliamo con entusiasmo e grande interesse questo nuovo strumento di “congiunzione” tra medico e paziente» conclude Pontello.
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