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Sistema retributivo e contributivo: differenze nel calcolo della pensione

Previdenza Redazione DottNet | 14/01/2019 21:48

All’Enpam si applica generalmente il sistema retributivo sull’intera vita lavorativa

Spesso quando si parla di previdenza il discorso cade sui due grandi modi per calcolare la pensione: il sistema retributivo ed il sistema contributivo. Quest’ultimo costituisce un vero e proprio spauracchio per tutti i lavoratori, perché tutti hanno sentito dire che esso comporta delle riduzioni importanti per i trattamenti pensionistici. Ma è davvero così? E quali sono le differenze di calcolo insite nei due sistemi?

Come dice la parola stessa, il sistema retributivo prevede che la pensione venga calcolata sulla base della retribuzione percepita (una volta si diceva sull’ultimo stipendio), mentre il sistema contributivo prevede che il calcolo si fondi sulla contribuzione versata. Chiaramente quest’ultimo sistema è più equo e sostenibile: tanto ti ho dato e tanto mi restituirai sotto forma di pensione, senza appropriarmi di risparmi altrui.

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Ovviamente le cose non sono così semplici: nel tempo, la generosità del sistema retributivo è stata in qualche modo contenuta dal legislatore: dall’ultimo stipendio si è passati (nel 1992) al calcolo sugli stipendi degli ultimi cinque anni, e poi (nel 1995 con la Riforma Dini) gli ultimi anni da prendere a base sono passati da cinque a dieci. Inoltre il rendimento, che prima era pari al 2% dell’ultimo stipendio moltiplicato per gli anni di servizio (perciò si diceva che la pensione era pari al massimo all’80 per cento dello stipendio, considerando il massimo di 40 anni di servizio), oggi è parametrato per fasce di compenso, e il 2% viene applicato solo per la fascia più bassa, mentre per le altre si può andare abbondantemente sotto l’1%.

La pensione del sistema contributivo è invece come un grosso salvadanaio dove anno dopo anno si depositano i versamenti effettuati. Ogni anno la somma dei versamenti viene rivalutata sulla base di un coefficiente costituito dalla media quinquennale del prodotto interno lordo. Quando alla fine si rompe il salvadanaio perché si raggiunge il diritto a pensione, per ottenere la pensione annua spettante, il valore complessivo dei versamenti si divide per un altro coefficiente, il coefficiente di trasformazione, tanto più basso quanto maggiore è l’età anagrafica del pensionando. Ed è naturale: maggiore è l’età, più alta deve essere la pensione, perché statisticamente se ne godrà per un maggior numero di anni.

Anche il sistema contributivo nel tempo ha perso parte del suo appeal. Quando fu introdotto, nel 1995, in alcuni casi si rivelava addirittura più generoso del retributivo, già all’epoca falcidiato dai tagli e taglietti sopra evidenziati, ma questi tempi sono ormai abbondantemente trascorsi. Oggi gli importi sono molto meno generosi, da una parte perché la prolungata crisi economica ha ridotto il valore del PIL e quindi anche quello del coefficiente di rivalutazione, dall’altra perché l’aumento dell’aspettativa di vita ha inciso sui valori del coefficiente di trasformazione, che producono pensioni sempre più basse.

Molto fortunati, dunque, sono i pensionandi pubblici che avevano almeno 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995, perché hanno la possibilità di godere del sistema retributivo per il periodo dall’inizio attività sino al 31 dicembre 2011 (per i periodi successivi si applica il sistema contributivo per tutti). A tutti gli altri il sistema retributivo si applicherà soltanto per i periodi lavorativi (se ce ne sono) fino al 31 dicembre 1995, e il sistema contributivo per tutto il periodo successivo.

All’Enpam (tacendo delle particolarità delle singole gestioni), si applica generalmente il sistema retributivo, ma non sugli ultimi cinque o dieci anni di lavoro, bensì sull’intera vita lavorativa. Un calcolo leggermente meno generoso del retributivo puro, ma alla fine ugualmente premiante. Soltanto due gestioni in difficoltà (la Quota A del Fondo di previdenza generale ed il Fondo Specialisti esterni) applicano il sistema contributivo a partire dal 1° gennaio 2013. In questo modo le gestioni della Fondazione sono riuscite a superare il severo vaglio imposto dalla Legge Fornero e a mantenere in larga parte le loro specificità, a vantaggio degli iscritti. 

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