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Il cancro al seno favorito dalla flora batterica nelle mammelle

Oncologia Redazione DottNet | 15/01/2019 14:01

Lo rivela uno studio condotto alla Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs - Università Cattolica, in collaborazione con l'università della Tuscia di Viterbo

La composizione della flora batterica che si annida nel tessuto delle mammelle potrebbe avere un ruolo nel predisporre certe donne al cancro del seno. L' indicazione arriva da uno studio condotto alla Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs - Università Cattolica, in collaborazione con l' università della Tuscia di Viterbo. Questa scoperta, pubblicata sulla rivista Scientific Reports, potrebbe portare, in futuro secondo i ricercatori, e alla messa a punto di un test di rischio per questo big killer delle donne. Lo studio si inserisce in un nuovo filone di ricerca oncologica battezzato 'oncobiotica', campo innovativo che di recente ha dimostrato il ruolo di disfunzioni della flora batterica intestinale (microbiota) in numerose malattie non solo del tratto digerente.

L' idea emergente è che la 'disbiosi' (un' alterata composizione delle varie popolazioni batteriche, non più armonicamente rappresentate all' interno del microbiota) possa condizionare non soltanto l' infiammazione locale intestinale, ma anche quella sistemica, attraverso una 'iperattivazione' del sistema immunitario.

La ricerca è coordinata da Riccardo Masetti, direttore del Centro di senologia del Policlinico universitario A. Gemelli Irccs e direttore dell' Istituto di semeiotica chirurgica dell' università Cattolica, e da Nicolò Merendino, responsabile del laboratorio di ricerca di nutrizione molecolare e cellulare, università degli Studi della Tuscia, con la collaborazione della ricercatrice Lara Costantini, università degli Studi della Tuscia, e da Stefano Magno, responsabile del servizio di terapie integrate del Centro di senologia del Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs di Roma.

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"L' intestino - rileva Magno - sembra collegato direttamente alla mammella mediante un 'asse' ancora in fase di studio, che potrebbe essere alla base di un correlazione tra disfunzioni del microbiota intestinale e della mammella (parliamo del parenchima ghiandolare, non della cute)". Inoltre, diversi studi recenti hanno evidenziato la presenza di disbiosi nel microbiota del seno di donne con tumore, ma non di donne sane. "Questo dato - continua Magno - potrebbe finalmente spiegare la correlazione già accertata tra almeno il 40% dei casi di tumore del seno, la sedentarietà e un' alimentazione non corretta". Nello studio sono state arruolate 16 pazienti con tumore del seno in trattamento nel Policlinico Gemelli e sono state raccolti, mediante agobiopsie e biopsie chirurgiche, 38 campioni sia di tessuto sano sia tumorale, successivamente analizzati e confrontati tra di loro dai ricercatori dell' università della Tuscia.

È emerso che tra tessuto sano e tumorale di ogni singola paziente non sembrano esserci differenze significative nelle popolazioni microbiche, il che fa pensare che la trasformazione tumorale non modifichi il profilo microbiotico ma che, al contrario, il microbiota possa essere predisponente alla trasformazione neoplastica. Lo studio ha dimostrato anche che l' agobiopsia, rispetto alla biopsia chirurgica, è altrettanto affidabile nel rilevare il microbiota mammario; inoltre, per la prima volta è stato analizzato il microbiota mammario di una popolazione mediterranea di pazienti. "Il prossimo passo - conclude Magno - sarà studiare l' asse intestino-mammella, per capire la sua struttura, il suo ruolo biologico e verificare se c' è una corrispondenza tra una disbiosi intestinale e quella del seno. L' importanza clinica di questa osservazione nasce dalla considerazione che entrambe le condizioni disbiotiche sarebbero correggibili attraverso stili di vita adeguati. L' ipotesi su cui stiamo lavorando in modo collaborativo - sottolinea Riccardo Masetti- è che, attraverso stili di vita corretti sia possibile favorire il riequilibrio del microbiota con conseguente riduzione del rischio di trasformazione tumorale, prevenendo così almeno un 30-40% dei casi di cancro del seno".

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