Ci sono corrispondenze tra variazione delle temperature e la diffusione dei ceppi
I cambiamenti climatici non portano solo eventi meteorologici estremi, come inondazioni e ondate di calore, ma sembrano svolgere un ruolo importante nello sviluppo di batteri resistenti agli antibiotici. A confermare l'ipotesi, sulla base di dati raccolti in 30 Paesi europei, è uno studio presentato al 29/mo Congresso europeo di microbiologia clinica e malattie infettive che si è tenuto ad Amsterdam. Uno studio del 2018, pubblicato sulla rivista Nature, aveva dimostrato che la combinazione di temperature locali in aumento negli Stati Uniti era legata a un aumento della resistenza agli antibiotici, ovvero quella che è una delle "principali minacce alla salute globale", secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità. Nel nuovo studio, i ricercatori dell'Università Medical Center di Göttingen hanno voluto scoprire se vi fossero tendenze simili in Europa.
Hanno, pertanto, studiato, per sei anni, i dati di 30 paesi appartenenti alla Rete Europea di Sorveglianza della Resistenza Antimicrobica. In particolare, lo studio ha rivelato legami statisticamente significativi tra la variazione della temperatura media della stagione calda e la diffusione di Klebsiella pneumoniae, E. coli multiresistente, Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA) e P. aeruginosa resistente ai carbapenemi. "Anche se non è nota l'esistenza di un'associazione causale", concludono i ricercatori, "i fattori climatici contribuiscono significativamente alla previsione della resistenza antimicrobica in diversi tipi di sistemi sanitari e società, e i cambiamenti climatici potrebbero aumentare, in particolare, la trasmissione della resistenza ai carbapenemi".
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