Anelli: "bisogna attenersi al Codice deontologico"
Apertura alla discussione sul suicidio assisto, ma per i medici "valgono i principi fissati dal Codice deontologico ed in particolare dall'articolo 17, che afferma come il medico non possa compiere atti che favoriscono o inducono la morte". E' la posizione espressa dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), come spiega il presidente Filippo Anelli, in un parere sul tema richiesto alla Fnomceo dal Comitato nazionale di bioetica. La richiesta parte dalla sollecitazione della Corte sull'eutanasia, tenendo conto della ordinanza con cui la Consulta lo scorso ottobre ha rinviato di un anno la decisione sulla costituzionalità dell'articolo 580 del Codice penale, relativo all'istigazione o aiuto al suicidio.
Il Codice deontologico, afferma Anelli, "è quello al quale i medici devono attenersi. Il dibattito penso debba però partire da un presupposto, e cioè che difendere la vita non può essere considerata una questione politica, poichè attiene alla dignità delle persone". Per salvaguardare la dignità dell'individuo, chiarisce Anelli, "abbiamo il dovere di ridurre le sofferenze del paziente al massimo, con tutte le cure possibili, ed oggi queste cure ci sono: disponiamo di farmaci e della sedazione profonda, ovvero strumenti che possono limitare al massimo il dolore in quasi tutte le situazioni". La richiesta di suicidio assistito, rileva quindi il presidente Fnomceo, "è in conflitto col Codice deontologico e bisogna considerare - conclude - che oggi esistono comunque gli strumenti per limitare al massimo la sofferenza dei pazienti".
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