Il medicinale è capace di disostruire l'arteria cerebrale occlusa entro le prime 4-5 ore dalla comparsa dei sintomi
Per cercare di ridurre i danni provocati dall'ictus cerebrale, prima si interviene e meglio è. Ma c'è una buona notizia: il trattamento che salva dalle sue conseguenze invalidanti può essere somministrato in un arco di tempo più lungo di quanto finora noto, cioè fino a 9 ore dopo. E' quanto emerge dal Congresso dell'European Stroke Organization, che si è appena concluso a Milano, a cui hanno partecipato oltre 5.600 specialisti. L'ictus cerebrale, che nel nostro Paese colpisce circa 150.000 persone ogni anno, è una patologia tempo-dipendente: "Studi dimostrano che la mortalità e le disabilità permanenti diminuiscono in maniera significativa ogni 15 minuti giocati in anticipo sull'ictus", precisa Danilo Toni, presidente dell'Italian Stroke Organization e direttore Unità di Trattamento Neurovascolare d'Urgenza Policlinico Umberto I di Roma.
Qui infatti può essere effettuato un trattamento trombolitico, cioè con la somministrazione di un farmaco capace di disostruire l'arteria cerebrale occlusa, entro le prime 4-5 ore dalla comparsa dei sintomi (o con la trombectomia meccanica entro le prime 6). Ora gli esperti però concordano nell'ampliare la finestra temporale entro le quali si può intervenire per limitare i danni. Le ultime evidenze mostrano in fatti che la trombolisi può essere somministrata, con buoni risultati, fino a 9 ore dopo in pazienti selezionati con tecniche di 'neuroimaging'. Nel corso del Congresso è stata ribadita l'importanza del Piano di Azione per l'Ictus in Europa 2018-2030, tra i cui ambiziosi obiettivi vi è "la riduzione numero degli ictus in Europa del 10% e il trattamento di almeno il 90% dei pazienti colpiti in una Stroke Unit", dichiara Francesca Romana Pezzella, neurologo della Stroke Unit dell'Ospedale San Camillo di Roma e co-presidente per l'implementazione del piano.
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