E' l'obiettivo di 8 proposte di legge presentate alla Camera: saranno unificate in un testo in grado di assicurare un intervento precoce
Ogni anno in Europa 400mila persone muoiono per arresto cardiaco, 60mila solo in Italia. Per salvare tante vite bisogna intervenire entro 10 minuti. Ma la sopravvivenza triplica se a usare i defibrillatori, il prima possibile, è il personale non sanitario in attesa dell'arrivo dell'ambulanza. Diffondere l'utilizzo e la conoscenza di questi strumenti salvavita in contesti non ospedalieri, è l'obiettivo di 8 proposte di legge presentate alla Camera, che andranno unificate in un testo in grado di assicurare un intervento precoce contro le conseguenze dell'arresto cardiaco. E tra le buone pratiche a cui si guarda, c'è il Progetto Vita, che ha reso Piacenza la città più cardioprotetta d'Europa. Da non confondere con l'infarto, ovvero l'ostruzione di un'arteria coronarica, che più raramente può essere letale, l'arresto cardiaco si manifesta come l'improvvisa mancanza di coscienza e di respiro, con assenza del battito.
Questa brusca interruzione delle pulsazioni del cuore è "il killer numero uno nel modo occidentale, uccide una persona ogni 8 minuti, nel 66% uomini e in genere di mezza età, ma può colpire chiunque, anche giovani e sportivi. Quando questo accade, ogni minuto che passa diminuisce del 10% la possibilità di sopravvivere, quindi intervenire prima fa la differenza", spiega Daniela Aschieri, direttore dell'Unità operativa di cardiologia presso l'Ospedale Unico della Valtidone, in provincia di Piacenza, e consigliera regionale dell'Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri. In questi casi, si consiglia un massaggio di rianimazione cardiaca, in attesa dell'arrivo del defibrillatore. Perché, precisa, "solo l'utilizzo di quest'ultimo, attraverso una scarica elettrica che 'resetta il cuore', permette di avere chance di sopravvivere e, soprattutto di sopravvivere senza pesanti danni cerebrali".
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