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Bussetti: così elimineremo l'imbuto formativo che blocca i medici

Professione Redazione DottNet | 17/07/2019 18:20

L'obiettivo è di azzerarlo in cinque anni. Nel frattempo continua l'emigrazione degli specialisti verso l'estero

 La "volontà comune di azzerare, nell' arco di 5 anni, l' imbuto formativo" - il collo di bottiglia tra la laurea in Medicina e le specializzazioni, che vede ad oggi intrappolati circa 11 mila giovani medici - e di allineare il numero delle lauree a quello dei posti nelle Scuole: è quanto è emerso dall' incontro avvenuto ieri pomeriggio al Miur tra il ministro dell' Istruzione, Marco Bussetti, accompagnato dal capo di Gabinetto Giuseppe Chiné, e una delegazione della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo), composta dal presidente, Filippo Anelli, dal vicepresidente, Giovanni Leoni, e dal presidente nazionale Commissione Albo odontoiatri, Raffaele Iandolo. "Siamo estremamente soddisfatti di aver trovato questo punto d' incontro, che restituirà speranze e futuro a migliaia di giovani colleghi", afferma in una nota Anelli. "Una delle ipotesi al vaglio - spiega - potrebbe essere quella di un piano straordinario, da condividere con il ministro della Salute Giulia Grillo, che prevederà, per i prossimi anni, un canale aggiuntivo di accesso alle Scuole, con una quota di contratti riservati a coloro che, già laureati da un certo tempo, non abbiano trovato posto nelle specializzazioni".

Grande sintonia, segnalano i medici, anche sulla necessità di allineare il numero di laureati al numero delle borse, obiettivo che del resto quest' anno è stato raggiunto: saranno infatti 8.905 i contratti di formazione specialistica, cui vanno aggiunte le pressoché 2 mila borse per il Corso triennale in Medicina generale, per un totale di quasi 11 mila posti nel post lauream, a fronte di un' attesa di circa 10 mila nuovi laureati. "Abbiamo chiesto al ministro, trovando un buon riscontro, che questa corrispondenza tra lauree e borse sia normata con una legge ad hoc - continua Anelli - Con questi presupposti, nel giro di 5 anni potremo finalmente dire basta all' imbuto formativo e calmierare l' annunciata carenza di medici specialisti e di medicina generale". Ancora in alto mare, invece, la questione dell' accesso a Medicina. "Pur trovandosi tutti concordi sulla necessità di un cambiamento" nel meccanismo di selezione per l' accesso alla Facoltà di Medicina, "ad oggi giudicato, anche se già migliorato rispetto agli scorsi anni, ancora troppo aleatorio, non è stata sin qui trovata un' intesa sulle modalità. Il dialogo e il lavoro condiviso continueranno nei prossimi giorni", conclude la Fnomceo.

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Nel frattempo, però, chirurghi, odontoiatri, ginecologi, dermatologi, giovani dalle grandi speranze che sognano un lavoro in Italia sono costretti con realismo a guardare soprattutto alle opportunità che può offrire l’estero.

Secondo le stime ogni anno circa mille medici di età compresa tra i 28 e i 39 anni vanno a lavorare all’estero, ai quali si aggiungono 1.500 laureati in Medicina che optano per la frequentazione di un corso di specializzazione fuori dai confini nazionali. Dal 2005 al 2015 sono oltre 10mila, inoltre, i medici che dall’Italia hanno portato le loro competenze e la loro professionalità al servizio di altri Paesi. Andando avanti di questo passo nel 2025 mancheranno tra i 16mila e i 17mila specialisti.

«Il motivo di tutto questo? La vita del futuro medico è una vera e propria gara ad ostacoli – spiega Massimo Tortorella, presidente di Consulcesi –. Dopo aver superato il test del numero chiuso per l’accesso alla facoltà di Medicina (che, secondo le ultime notizie, dovrebbe rimaner così com’è almeno fino al 2021) deve sottoporsi ad un’altra prova, quella che gli aprirà le porte della scuola di specializzazione. Dopo altri anni di studio e pratica, superati i 30 anni per molti dei futuri pilastri del Servizio sanitario nazionale italiano sarà il momento di affrontare il blocco del turnover, contratti a tempo e precariato, stipendi inadeguati e turni massacranti: tutto questo con il costante rischio di essere denunciato pretestuosamente per presunti episodi di malpractice, che come sappiamo si risolvo al 95% dei casi con un nulla di fatto ma dopo lunghi e dispendiosi processi e dopo aver subito gogne mediatiche e social».

«I nostri giovani medici – commenta ancora presidente di Consulcesi – sono tentati dall’idea di andare a lavorare all’estero perché in Paesi come la Germania, la Francia o la Gran Bretagna gli vengono offerti contratti pluriennali e molto generosi per diventare specialisti. L’alternativa che hanno è restare in Italia e veder rallentata la loro crescita professionale da un sistema che non funziona più, ormai, da molto tempo. Le opportunità ci sono anche qui, ma se un numero così elevato di professionisti ogni anno trova situazioni lavorative migliori all’estero, un motivo ci sarà. Ma esistono primari Under 40 in Italia? All’estero è la normalità, ma qui? La situazione è allarmante e bisogna intervenire subito».

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