Lo rivela uno studio condotto su topolini da Igor Branchi e Silvia Poggini presso l'Istituto Superiore di Sanità
L'efficacia degli antidepressivi potrebbe essere potenziata tenendo a bada i livelli di infiammazione. In questo modo, infatti, risulta aumentata la "neuroplasticità" (ovvero la formazione di nuovi neuroni e nuove connessioni nervose), elemento cruciale affinché i farmaci funzionino. Lo rivela uno studio condotto su topolini da Igor Branchi e Silvia Poggini presso l'Istituto Superiore di Sanità (Iss), e presentato al 32/o Congresso dello European College of Neuropsychopharmacology (ECNP) a Copenaghen, secondo cui regolando i livelli di infiammazione la neuroplasticità aumenta.
Inoltre si è visto che uno dei più comuni antidepressivi, la fluoxetina (conosciuta con il nome commerciale Prozac), agisce a sua volta anche bilanciando i livelli di infiammazione cerebrale, oltre che agendo sulla neuroplasticità.
Abbassando l'infiammazione con comuni farmaci analgesici, infatti, la neuroplasticità diminuisce. Così come somministrando sostanze che stimolano un eccesso di infiammazione. Questo studio, se confermato in trial clinici, conclude Branchi, potrebbe condurre allo sviluppo di strategie terapeutiche basate sul controllo dell'infiammazione sì da stimolare la neuroplasticità e rendere più efficaci i trattamenti per la depressione.
Lo studio, finanziato con fondi PNRR e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, che ha eseguito i test preclinici, sarà condotto presso la Clinica Psichiatrica dell’ospedale di Chieti
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