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Aids: terapie più snelle. Ma è allarme contagi

Infettivologia Redazione DottNet | 27/09/2019 09:12

Con le terapie attuali l' aspettativa di vita dei sieropositivi è quasi sovrapponibile a quella di chi non ha contratto l' infezione

Terapie sempre più vicine alle esigenze del paziente, meno farmaci da assumere ogni giorno, meno effetti collaterali e uno stile di vita quasi uguale a quello di chi non è sieropositivo. Sono le nuove frontiere della ricerca sull' Hiv di cui si parla a Napoli in occasione del III Workshop nazionale 'Hot Topics in Infettivologia', promosso dagli specialisti dell' ospedale Cotugno. La ricerca ha fatto passi da gigante e, con le terapie attuali, l' aspettativa di vita dei sieropositivi è quasi sovrapponibile a quella di chi non ha contratto l' infezione; inoltre le molecole a disposizione riducono gli effetti tossici nel lungo periodo e hanno diminuito drasticamente il numero di farmaci da assumere. Ma resta alto il rischio di trasmissione del virus.

"A livello nazionale - spiega Vincenzo Sangiovanni, direttore Uoc Infezioni sistemiche e dell' immunodepresso del Cotugno - l' infezione da Hiv non dà segni di flessione, perché purtroppo la soglia di attenzione è calata rispetto agli esordi della malattia.

In Italia registriamo 3500-4000 nuovi casi all' anno; in Campania solo nell' ambito del Polo infettivologico rappresentato dall' Azienda dei Colli e dal Complesso Ospedaliero Cotugno seguiamo circa 2200 pazienti e registriamo 100-120 nuovi casi annui. Nelle altre strutture ospedaliere ne registriamo nel complesso circa 50-60. Purtroppo in più del 30% dei casi i pazienti si presentano già con una malattia avanzata, dato che l' infezione si manifesta in modo subdolo.  Se con l' attuale standard terapeutico le persone con Hiv assumono tre o quattro farmaci al giorno, il presente è caratterizzato dal regime a due farmaci e il futuro si annuncia particolarmente interessante, grazie a studi molto avanzati su associazioni a due farmaci da somministrare per via intramuscolare ogni 1-2 mesi.

"In Italia la malattia è arrivata nella metà degli anni '80 - riflette Elio Manzillo, direttore Uoc Immunodeficienze e malattie dell' emigrazione - I primi farmaci con cui siamo riusciti a fronteggiarla nella seconda metà degli anni '80 sono stati gli Nrti che ancora oggi sono utilizzati". Ma da allora la ricerca ha fatto passi avanti: "La conseguenza è che la mortalità da Hiv è crollata al punto che oggi muore solo chi non sa di averlo, o non si sottopone regolarmente alla terapia". "Le numerose e recenti acquisizioni scientifiche - conclude Vincenzo Esposito, direttore Uoc Immunodeficienze e Malattie infettive di genere del Cotugno - hanno dunque drasticamente modificato l' aspetto dell' infezione da Hiv, trasformandola da una patologia letale ed invalidante ad una patologia cronica. Considerato che i progressi scientifici in merito alla terapia antiretrovirale sono avvenuti in un arco temporale relativamente breve, ci si trova davanti ad una sorta di miracolo scientifico. Negli anni '80 la mortalità era del 100%, ora grazie alle nuove terapie il paziente presenta una aspettativa di vita paragonabile a quella della popolazione generale".

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