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Fda, sì Tazemetostat contro il sarcoma epiteliode inoperabile

Oncologia Redazione DottNet | 03/01/2020 17:22

I risultati mostrano una riduzione della massa tumorale pari al 13% e una relativamente buona tollerabilità anche se il profilo di tossicità è elevato

È una patologia insidiosa e rara, conta meno dell'1% dei sarcomi dei tessuti molli. Colpisce principalmente i tessuti sottocutanei, la fascia e le guaine dei tendini delle mani e ha una crescita lenta. Tra i sintomi dolore e tumefazioni che solitamente non vengono riconosciute come sospetto diagnostico oppure diagnosticate in modo sbagliato. Quasi il 50% dei pazienti riceve una diagnosi quando la malattia è già in fase metastatica. Per il sarcoma epiteliode si accende una speranza: il Comitato per i Farmaci Oncologici della Food and Drug Administration ( Fda) ha espresso parere favorevole sulla richiesta per l'approvazione accelerata di un nuovo farmaco per via orale, Tazemetostat, per il trattamento di pazienti in fase metastatica o localmente avanzata inoperabili.

Vi sono due tipi di sarcoma epitelioide: quello "classico di tipo distale" che colpisce le mani e interessa adolescenti e giovani adulti e quello di "tipo prossimale", più raro e aggressivo nel decorso, che interessa gli adulti.

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La chirurgia e' il trattamento primario nelle forme localizzate. La radioterapia si aggiunge per il controllo delle ricadute locali che tendono ad avere un tasso elevato, dal 60% all'80%. La chemioterapia è solitamente utilizzata in fase di malattia avanzata. Non esistono farmaci approvati specificatamente per la patologia. "Il parere del Comitato Fda - spiega Ornella Gonzato, presidente dell'Associazione Paola per i tumori muscolo-scheletrici onlus- è stato formulato sulla base dei risultati di uno studio multicentrico di fase II su circa 100 pazienti. I risultati mostrano una riduzione della massa tumorale pari al 13% e una relativamente buona tollerabilità anche se il profilo di tossicità è elevato". "Il Comitato - conclude - tenendo in considerazione anche la limitata esperienza clinica nella malattia, ha concluso che il beneficio possibile è maggiore dei rischi collegati. La notizia pare aprire a nuove possibilità terapeutiche per pazienti 'orfani' di farmaci specifici. La prudenza però rimane d'obbligo: i dati sono ancora incompleti".

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