Ricerca italiana scopre il legame con le malattie cardiovascolari
E' stato individuato il legame tra inquinamento da Pfas, le sostanze chimiche che possono essere presenti in vernici, farmaci e presidi medici, e malattie cardiovascolari. Una ricerca italiana su 78 persone con diversi livelli di esposizione a queste sostanze ha scoperto che questi inquinanti possono attivare le piastrine, rendendole più suscettibili alla coagulazione e predisponendo a un aumento del rischio cardiovascolare. Pubblicata sull'International Journal of Molecular Sciences, la ricerca è stata condotta dall'università di Padova sotto la guida di Carlo Foresta, ordinario di endocrinologia, in collaborazione con i gruppi di Luca De Toni e Andrea Di Nisio.
La ricerca nasce dalle osservazioni riportate sia in studi internazionali che dal Servizio Epidemiologico Regionale del Veneto che indicano un aumento del rischio cardiovascolare associato all'inquinamento da Pfas, i composti che vengono utilizzati per rendere resistenti ai grassi e all'acqua molti prodotti, dai tessuti ai rivestimenti per contenitori di alimenti.
I test "hanno confermato dei segnali di aumentata attivazione piastrinica con conseguente incremento della propensione all'aggregazione delle stesse", rileva Foresta. "Questi dati - aggiunge - potrebbero spiegare l'osservazione epidemiologica tra Pfas e patologie cardiovascolari, soprattutto se sussistono altri fattori di rischio noti per queste patologie, come diabete, obesità, fumo e alcol". La normale fluidità del sangue è mantenuta infatti dall'equilibrio tra elementi che ne bloccano la coagulazione e altri che la stimolano. In questo giocano un ruolo chiave le piastrine che, in caso di danni ai vasi sanguigni, innescano il processo della coagulazione. Ma in presenza di fattori di rischio quali fumo di sigaretta o diabete, l'equilibrio si rompe rendendo le piastrine molto più reattive e inclini a innescare la coagulazione, con il rischio di infarto cardiaco e ictus cerebrale.
La scoperta arriva a pochi giorni dall'allarme lanciato dall'Associazione Italiana Medici per l'Ambiente (Isde) che ha definito la situazione determinata in Veneto dalla contaminazione da Pfas, usati nei processi industriali e poi sversati per decenni nel suolo e nelle falde acquifere, "una delle più gravi emergenze ambientali mai affrontate, che richiede interventi immediati, come studi epidemiologici e una mappa dei pozzi". Alcuni Paesi, intanto, come Olanda, Danimarca, Svezia e Norvegia, hanno manifestato la volontà di arrivare a una proposta di divieto per tutta la famiglia dei Pfas.
fonte: International Journal of Molecular Sciences
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