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Farmacisti truffano una farmacista

Farmacia Redazione DottNet | 12/02/2020 21:05

Il fatto in Puglia: i die titolari acquistavano da terze persone 307 confezioni di farmaci provento di furti

Usava le credenziali di una farmacia di Ceglie Messapica per effettuare ordinativi di medicinali ad un colosso europeo della distribuzione del farmaco. Le fatture le saldava l’ignara farmacista e i medicinali venivano poi rivenduti a privati e a titolari di farmacie. Lo riporta la Gazzetta del Mezzogiorno.

A portare alla luce la truffa è stata un’indagine dei carabinieri del Nas, partita dalla querela (contro ignoti) sporta dalla titolare della farmacia di Ceglie. I militari dell’Arma hanno fatto ricorso a intercettazioni telefoniche e ambientali, oltre che ad altri espedienti tecnici, per ricostruire la vicenda.


Chiuse le indagini preliminari, il procuratore aggiunto della Repubblica di Brindisi, Antonio Negro, ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio per gli indagati. In tutto sono sei, tra loro ci sono anche due farmacisti di Ostuni. Il gup Stefania De Angelis ha fissato per il 7 maggio prossimo l’udienza preliminare. Le accuse contestate, a vario titolo, agli indagati sono truffa e ricettazione.

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Tre mesagnesi – un 57enne, un 52enne e un 47enne – sono indagati per truffa «poiché, si legge sulla  Gazzetta del Mezzogiorno, ai due farmacisti, padre e figlio, il primo titolare di una farmacia sita a Ostuni, il pm contesta il reato di ricettazione. «Poiché, in concorso tra loro, al fine di conseguire un ingiusto profitto, acquistavano da terze persone 307 confezioni di farmaci provento di furti, conoscendone l’illecita provenienza». Nei confronti dei due farmacisti ostunesi il pm muove anche un’altra accusa: quella di truffa in danno della Asl (che è parte offesa in questo procedimento penale).

«In concorso tra loro – scrive il gup – in più circostanze in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, con artifizi e raggiri consistiti nel richiedere alla Asl di Brindisi il rimborso dei farmaci di cui al precedente capo c (quelli provento di ricettazione, ndr) rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale, inducendo in errore la Asl, conseguivano rimborsi indebiti per la somma complessiva di 16.351 euro, così conseguendo un ingiusto profitto».
In questo caso c’è anche l’aggravante del fatto che la truffa è stata commessa in danno di un ente pubblico.

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