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Funziona l'emapalumab, il farmaco salva-vita per i bambini con HLH

Farmaci Redazione DottNet | 07/05/2020 18:38

Studio del Bambino Gesù: ha controllato la malattia nel 60% dei casi

Funziona l'emapalumab, il farmaco sperimentale salva-vita per i bambini affetti da HLH (Linfoistiocitosi Emofagocitica Primaria), una malattia genetica ultra-rara che lascia poche speranze a chi non riesca ad arrivare in tempo al trapianto di cellule staminali emopoietiche. Lo indica lo studio pubblicato sul New England of Medicine, e coordinato in Europa dall'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. L'HLH è una grave malattia iperinfiammatoria che si presenta di solito durante l'infanzia (2 bambini ogni 100 mila nuovi nati), ma può manifestarsi anche negli adulti. È caratterizzata da una risposta infiammatoria incontrollata del sistema immunitario che può portare alla morte, la cui unica possibilità di guarigione definitiva stava finora nel trapianto di cellule staminali. Questo farmaco sperimentale, il primo studiato specificatamente per l'HLH primaria, è riuscito a bloccare l'iper-infiammazione e controllare le caratteristiche acute della malattia in oltre il 60% dei casi.

Emapalumab è un anticorpo monoclonale diretto contro una molecola (interferone-gamma) che ha un ruolo chiave nel regolare la risposta immunitaria e che viene prodotta in eccesso in questi malati. La sua somministrazione ha spento l'eccessiva risposta infiammatoria nei bambini sottoposti allo studio, neutralizzando gli effetti dell'eccesiva produzione di interferone-gamma. Per Franco Locatelli (nella foto), coordinatore dello studio a livello europeo, "il nuovo farmaco è un prototipo di terapia molecolare mirata e un passo importante verso il miglioramento dei risultati per questa malattia genetica grave e pericolosa per la vita dei pazienti". Emapalumab è la prima terapia mirata approvata dalla Food and Drug Administration (Fda) per l'HLH primaria ed è in fase di revisione da parte dell'Agenzia europea per i medicinali (Ema). E' lo stesso armaco usato su Alex, il bimbo italiano trasferito dal Great Ormond Street di Londra al Bambino Gesù di Roma, dove è stato definitivamente curato integrando l'uso di questo farmaco con un trapianto dal padre.

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fonte: New England of Medicine

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La ricerca è stata coordinata dall’Università di Padova e pubblicata su Cancer

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