Crescono la mole e l’aggiornamento di evidenze scientifiche che ne dimostrano l’efficacia ad ampio raggio: oltre al riequilibrio della cellula adiposa ‘disfunzionale’, al calo ponderale e al miglioramento della risposta insulinica
L’approccio farmacologico al sovrappeso e all’obesità in questi ultimi anni ha subito un’evoluzione significativa grazie all’introduzione di terapie talmente innovative da essere considerate nell’Endocrinologia la rivoluzione attesa dell’ultimo trentennio: semaglutide, agonista recettoriale di GLP-1 e tirzepatide, agonista duale dei recettori GLP-1 e GIP, analoghi delle incretine, rappresentano la più avanzata frontiera per l’ampiezza dei loro effetti benefici sulla salute metabolica globale e si confermano come una innovativa generazione di potenti farmaci dotati di enormi potenzialità in termini di prevenzione e trattamento di numerose patologie croniche e attraverso la loro azione antinfiammatoria, leader di una longevità sana. Cresce la mole di evidenze scientifiche continuamente aggiornate, che ne dimostrano l’efficacia ad ampio raggio: oltre al riequilibrio della cellula adiposa ‘disfunzionale’, al calo ponderale e al miglioramento della risposta insulinica nei pazienti con obesità, questi farmaci aggiungono salute globale endocrino-metabolica e cardiovascolare, riducono lo stress ossidativo e l’infiammazione sistemica cronica silente di basso grado, fattori determinanti nello sviluppo e nella progressione delle malattie cronico-degenerative sostenute dall’inflammaging, processo correlato all’invecchiamento e alla senescenza cellulare.
Confortati e supportati dai robusti dati di trial clinici a disposizione della comunità scientifica mondiale, i maggiori esperti nazionali riconosciuti dell’area endocrino-cardio-metabolica si sono incontrati a Roma in occasione del Workshop "Semaglutide e tirzepatide: nuova frontiera terapeutica per sovrappeso e obesità, salute metabolica e antinfiammazione" organizzato con il contributo non condizionato di Eli Lilly e Novo Nordisk, che ha visto una notevole partecipazione e consenso di pubblico e organi di informazione.
Nel corso dell’incontro, i clinici delle diverse aree mediche hanno condiviso e confrontato esperienze e competenze circa l’utilizzo dei due farmaci e discusso sul ruolo e la posizione che le due molecole potranno avere nel contrasto all’infiammazione età-correlata e sulle prospettive di questa rivoluzione terapeutica, che apre la strada all’arrivo di molecole sempre più innovative che potrebbero ampliare le possibilità di cura anche per malattie neurodegenerative, come Parkinson e Alzheimer, e della sfera riproduttiva, non ultimi infertilità e ovaio policistico.
Il concetto per cui l’obesità è conseguenza del mangiare tanto e consumare poco, e che basti mangiare meno per dimagrire, si sta ridirezionando verso un approccio radicalmente nuovo, che considera l’eccesso ponderale come una condizione dismetabolica fondata sull’evidenza che si accumula grasso nonostante il paziente non mangi molto. L’obesità è una malattia cronica e recidivante, multifattoriale, associata a una infiammazione silente (sterile) di basso grado e persistente. Il tessuto adiposo espanso, malato e "disfunzionale" innesca la produzione di sostanze pro-infiammatorie, processo che si diffonde ad altre cellule e innesca ‘a cascata’ una serie di alterazioni e danni metabolici e sistemici che coinvolgono il cuore, i vasi sanguigni, i polmoni, il fegato, i reni, il cervello.
«Il principale responsabile ormonale dell’accumulo di grasso dismetabolico (grasso non sano) all’interno delle cellule adipose è l’insulina, che non funziona come dovrebbe e viene prodotta in eccesso, venendosi a determinare il fenomeno noto come insulino-resistenza; altro elemento che favorisce questo accumulo di grasso è il cortisolo, un mix pericoloso che potenzia i rischi correlati all’obesità: aumento di grasso addominale viscerale, fegato grasso e infiammato (malattia steatosica dismetabolica), tessuto epicardico in cui si deposita grasso che infiamma il cuore, tessuto muscolare in cui il grasso agisce riducendone l’efficienza – così Andrea Fabbri, Professore di Endocrinologia, Università di Roma Tor Vergata spiega il sofisticato meccanismo biochimico che porta all’accumulo abnorme di tessuto adiposo malato – il grasso infiammato a sua volta peggiora l’insulino-resistenza e instaura un circolo vizioso che favorisce l’ulteriore deposito di grasso. Semaglutide e tirzepatide mimano le azioni delle incretine, enterormoni secreti dalle cellule intestinali in risposta al pasto, riducono il senso di fame, con azioni metaboliche positive: migliorano la sensibilità insulinica, riducono la resistenza insulinica, hanno azioni antinfiammatorie metaboliche specifiche che mitigano l’attività negativa del grasso disfunzionale al di là del calo ponderale. Inoltre, rallentano lo svuotamento gastrico con un conseguente abbassamento del picco di insulina post prandiale».
Semaglutide e tirzepatide svolgono un’azione antinfiammatoria indiretta attraverso la perdita di massa grassa e il miglioramento della sensibilità insulinica, ma anche diretta con una duplice azione centrale neuronale e periferica sui meccanismi infiammatori. Ricerca preclinica e studi clinici, come Select, dimostrano la riduzione dell’infiammazione cardiovascolare con un’efficace protezione vascolare che addirittura precede il calo del peso e si traduce in una riduzione del 20% degli eventi avversi cardiaci maggiori (MACE). I due farmaci hanno effetti antinfiammatori anche sul microbioma intestinale, attraverso un’azione indiretta sui linfociti intestinali ricchi di recettore GLP-1. Significative evidenze scientifiche dimostrano gli effetti positivi delle due molecole sulla neuroinfiammazione.
«La classificazione del fenotipo dell’obesità rappresenta un punto fermo nell’organizzazione del programma terapeutico volto a curarla e nei nuovi piani terapeutici per il trattamento dell’obesità e delle manifestazioni cliniche di disfunzione organica che essa genera; l’azione di semaglutide e tirzepatide non si limita a ridurre la massa grassa, ma previene anche le complicanze – afferma Costanzo Moretti, Professore di Endocrinologia, Università di Roma Tor Vergata – riducendo a livello muscoloscheletrico l’osteoartrite, agendo sulle vie respiratorie superiori a contrasto delle apnee notturne, assai pericolose, correggendo gli effetti cardiovascolari aterosclerotici, di frequente associati a diabete, ipertensione ed elevati livelli di grassi circolanti. Mentre gli effetti metabolici vanno dalla riduzione dei livelli glicemici a digiuno al controllo dell’ipercolesterolemia. Senza contare i benefici sul fegato, sul rene e sul sistema nervoso centrale. Tutto questo ci consente di affermare che semaglutide e tirzepatide si comportano come sostanze ‘anti-inflammaging’, interferendo su fattori stressor che modificano, durante il progressivo invecchiamento degli organi, la soglia di adattamento alla longevità».
Invecchiamento è, in buona parte, sinonimo di infiammazione e patologie croniche associate. Inflammaging e invecchiamento si propagano da cellula a cellula, da tessuto a tessuto come una malattia infettiva. Scoprirne l’origine e le dinamiche di sviluppo e progressione è importante per ripensare all’intero approccio alla cura dei disturbi tipici della senilità. L’ipotesi è che se le patologie età-correlate condividono una medesima origine diventa possibile curarle tutte insieme, addirittura prevenirle o rallentarle. L’inflammaging, neologismo derivato da inflammation (infiammazione) e aging (invecchiamento) è considerata ad oggi un potente fattore di rischio dovuto al processo autoinfiammatorio in atto nell’organismo dopo una certa età, che sostiene e peggiora la senescenza, e viceversa.
«L’inflammaging, termine da me coniato nel 2000 a seguito di importanti studi sui centenari, è uno stato di infiammazione cronica di basso grado, ‘sterile’, silente che si verifica con l’avanzare dell’età e si accompagna al processo di invecchiamento e di senescenza cellulare. Uno stato infiammatorio persistente che può contribuire allo sviluppo di diverse malattie età-correlate – spiega Claudio Franceschi, Professore Emerito di Immunologia, Università degli Studi Alma Mater di Bologna – all’origine del processo ci sono stimoli infiammatori costituiti dalla fisiologica produzione di molecola spazzatura, che i sistemi dedicati a smaltire questi scarti non riescono più ad eliminare, provocando l’attivazione di alcune cellule del sistema immunitario innato che attivano la reazione infiammatoria per difendere l’organismo ed eliminare la spazzatura. Semaglutide e tirzepatide, oltre ai numerosi effetti sulla perdita di peso e sul metabolismo glicemico e lipidico, stanno dimostrando di avere un’azione antinfiammatoria importante. Potrebbero essere in grado di agire sull’inflammaging, con tutte le possibili conseguenze».
Uno dei temi più attuali su cui si sono concentrati gli esperti riguarda il percorso da seguire per costruire e mantenere una longevità sana (Healthspan) e perché e come semaglutide e tirzepatide in questo senso rappresentino una vera e propria rivoluzione terapeutica. Una longevità sana si raggiunge attraverso la combinazione di strategie complementari: prevenzione, nutrizione e stile di vita, e diagnosi predittiva per identificare fattori di rischio invisibili che predispongono a sviluppo di malattie.
«Non esiste un singolo rimedio terapeutico o proiettile magico, ma si tratta di un ecosistema a cui dobbiamo cercare di aderire con serenità, senza esasperazioni – commenta Camillo Ricordi, Professore di Chirurgia, Direttore Cell Transplant Center e Direttore Emerito Diabetes Research Institute, Università di Miami – non è mai troppo tardi per intervenire; semaglutide e tirzepatide possono offrire un’altra opportunità, ma non come rimedio miracoloso, piuttosto per darci la possibilità di rinnovare il nostro impegno ad aderire ai principi che ho ampiamente discusso nel libro "Il codice della longevità sana". Abbiamo già utilizzato da un decennio questi farmaci come terapia complementare nei trapianti di isole per trattare i casi più gravi di diabete. È stato dimostrato che i GLP-1 RA (receptor agonist) non solo riducono l’infiammazione e migliorano la salute delle cellule beta del pancreas che secernono insulina, ma hanno anche un ruolo immunomodulante che può aiutare a prevenire episodi di rigetto delle cellule trapiantate. Ora si stanno affacciando molecole ancora più potenti e promettenti, fra queste retatrutide, triplo agonista simultaneo dei recettori di GLP-1, GIP e glucagone, che in studi clinici iniziali ha mostrato riduzione del peso fino al 24% in soggetti con obesità non diabetica; gli analoghi dell’amilina a lunga durata d’azione, come cagrilintide da sola o in associazione a semaglutide e tirzepatide. Sono anche in studio formulazioni orali e nuove vie di somministrazione per accrescere l’aderenza e l’accessibilità a questi e a molti altri farmaci in arrivo».
Oltre 2,2 milioni di giovani in Italia presentano problemi di sovrappeso o sono francamente obesi. Il dato desta forte preoccupazione fra gli esperti che puntano il dito sullo stile di vita non sano, su una società sempre più sedentaria che rischia di perdere addirittura l’efficienza delle funzioni motorie, sulla scarsa consapevolezza ed educazione verso la sana alimentazione, l’eccesso di grasso e sui fattori culturali stigmatizzanti e radicati nel nostro Paese. Mentre il sovrappeso va trattato con la dieta alimentare, sana e adeguata alle necessità caloriche dell’individuo, e associata al movimento, l’obesità grave merita un’attenzione speciale.
«Alle prime due strategie va associata obbligatoriamente la terapia farmacologica, infatti un bambino/adolescente gravemente obeso ha il 90% di rischio di sviluppare attorno ai 20-30 anni le complicanze più serie che l’obesità porta con sé – sottolinea Marco Cappa, Professore di Pediatria, Responsabile Unità di Ricerca Terapie innovative in Endocrinologia Ospedale Bambino Gesù, IRCCS di Roma – ben vengano quindi i nuovi farmaci come le incretine per poter prevenire le pericolose comorbidità obesità correlate. È necessario identificare le categorie più a rischio e intervenire precocemente con questi farmaci per contrastare l’evoluzione della malattia. Semaglutide e tirzepatide agiscono sul centro della fame, inducendo sazietà, aumentando la sensibilità all’insulina e una concomitante riduzione della massa grassa. Le evidenze dimostrano che queste incretine possono avere un ruolo importante all’interno del nucleo famigliare disfunzionale sotto il profilo alimentare, inducendo, se correttamente utilizzate e sotto stretto controllo dello specialista, una sorta di ‘rieducazione’ alla sana alimentazione e all’attività fisica».
Il dibattito attorno a semaglutide e tirzepatide continua, a volte con toni accesi, all’interno della comunità scientifica, ma altrettanto fervida e spesso contrastante è la discussione mediatica; quello che preoccupa i medici è la richiesta pressante di utilizzo scorretto di questi farmaci da parte di persone che non rientrano nel target specifico di trattamento, ben definito dalle indicazioni approvate dall’Agenzia Italiana del farmaco (AIFA). Un altro problema da risolvere è la democratizzazione dell’accesso e la sostenibilità economica di queste strategie farmacologiche per la popolazione e per i sistemi sanitari.
«L’obesità è una malattia, il forte substrato biologico che ne è all’origine è ormai ampiamente dimostrato, con un enorme impatto clinico, psicologico e sociale sull’individuo, ma che rischia di far saltare i sistemi sanitari nazionali perché non vi è organo e/o apparato dell’organismo che nel lungo periodo venga risparmiato dagli effetti dannosi dell’eccesso di grasso disfunzionale non sano – conclude Paolo Sbraccia, Direttore Centro Obesità Policlinico di Roma Tor Vergata – l’utilizzo di semaglutide e tirzepatide, dotati di una buona/ottima efficacia a seconda della risposta individuale, buone tollerabilità e sicurezza, che influenzano positivamente la salute del cuore, delle arterie, del fegato e dei reni, potrebbe forse produrre un certo cambiamento culturale, inteso come educazione e spinta a un più sano stile di vita e alimentazione corretta. Resta da superare l’ostacolo all’accesso a queste terapie. Questo è uno di quei casi in cui l’innovazione non riesce a coniugarsi con la sostenibilità del SSN, ma qualcosa cambierà, a livello politico e regolatorio si stanno facendo numerosi passi necessari volti ad individuare le priorità per questa importante patologia. Tuttavia, è bene ricordare che questi farmaci, proprio per la loro potente e ampia efficacia, vanno assunti solo dopo una attenta valutazione clinica dell’obesità da parte dello specialista e sotto un rigoroso e continuo controllo prolungato nel tempo».
Il convegno si è chiuso all’insegna di un importante messaggio: semaglutide e tirzepatide, potenti incretine, stanno spostando l’orizzonte su terapie che potrebbero prevenire o bloccare/invertire la progressione di malattie in fase iniziale, con lo sviluppo di molecole sempre più potenti, più tollerabili e più comode da assumere.
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