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Inchiesta: indennità di quarantena, all'Enpam è caos

Previdenza Redazione DottNet | 02/09/2020 19:12

Ottenere qualcosa in questo frangente può diventare molto difficile e trasformare una normale domanda in un vero e proprio calvario

Dice un vecchio proverbio che le strade dell’Inferno sono lastricate di buone intenzioni, ed in effetti la liquidazione di un’indennità di quarantena da parte dell’Enpam in favore dei medici e degli odontoiatri liberi professionisti aveva (ed ha) lo scopo certamente encomiabile di tenerli esenti da danni per il mancato esercizio dell’attività derivante da un provvedimento assunto dall’Autorità Sanitaria, ma (dalle testimonianze che abbiamo raccolto) recuperare qualcosa in questo frangente può diventare molto difficile e trasformare una normale domanda in un vero e proprio calvario.

Prendiamo il caso (purtroppo piuttosto frequente nei primi mesi della pandemia) di un medico che, per essere entrato accidentalmente in contatto con un soggetto positivo al Covid, venga costretto ad una quarantena dall’Autorità competente.

La sorveglianza sanitaria o l’isolamento fiduciario si prolungano per 50 giorni, ma (e qui sta il primo problema) l’Enpam eroga il proprio sussidio soltanto per i primi 15 giorni. Per gli iscritti che svolgono esclusivamente libera professione l’Enpam garantisce un contributo sostitutivo del reddito di 82,78 euro al giorno. Il contributo, che rientra nelle tutele per calamità naturale, va richiesto compilando uno specifico modulo.

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Il medico in questione si sottopone a due tamponi e magari anche all’esame sierologico, che risultano negativi. Quindi è un medico sano, che avrebbe diritto ad € 1.241,70 al lordo della ritenuta d’acconto; qui comincia un poco a contrariarsi considerando che gli altri 35 giorni di mancato lavoro sono persi per sempre. Presenta la domanda, ma per liquidarla gli chiedono il provvedimento dell’Autorità che ha disposto la quarantena.

Ma il peggio deve ancora venire. Prima della fine della quarantena si sottopone ad un nuovo tampone di controllo, che risulta positivo. Risultato: altri 30 giorni a casa in attesa dell’ultimo tampone che risulta negativo. A quel punto sono passati 80 giorni di mancata attività, nel frattempo viene inviato il documento mancante.

I soldi però non si vedono. Un accertamento presso il call center Enpam svela l’amara verità: la domanda di quarantena non avrà più seguito, perché riguarda i medici allontanati ma sani. Con il tampone positivo, il medico va inquadrato come malato. Poco male, gli dicono, perché per la malattia c’è il nuovo istituto dell’inabilità temporanea, che consente l’erogazione di un diverso ma sempre interessante sussidio.

Ma qui cominciano le dolenti note: l’indennità di malattia Enpam parte dal 31° giorno di inabilità e quindi i primi 30 giorni sono perduti. Ne restano sempre altri 50 indennizzabili. E qui il colpo di scena finale. La domanda di malattia va presentata entro 60 giorni dall’inizio dello stato di inabilità, quindi è irricevibile. "Ma io – eccepisce il medico – ho presentato nei termini quella di quarantena" Non importa, dicono gli Uffici: la prima domanda è inesistente, la seconda è irricevibile, quindi nessun indennizzo è più dovuto.

Ovviamente le cose non finiscono qui, l’interessato del nostro esempio alla fine dovrebbe essere soddisfatto in qualche misura perché – almeno all’inizio – la sua malattia non era conclamata. Logica vuole che riesca ad ottenere il pagamento dei primi 15 giorni di quarantena, e che poi a partire dal 31° giorno cominci l’indennità di malattia, convalidata dalla prima domanda. Ci vorrà del tempo, e forse sarà anche necessario fare un ricorso, che magari condurrà ad una delibera interpretativa.  Ma quanti saranno i professionisti nella stessa situazione? A tutti il consiglio aureo di presentare le domande il prima possibile e di produrre esclusivamente i documenti necessari.

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