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Artrite psoriasica, scoperto il recettore delle cellule immunitarie

Neurologia Redazione DottNet | 24/09/2020 12:08

I risultati potrebbero portare a trovare il meccanismo di innesco molecolare della malattia e a sviluppare un trattamento mirato

Uno specifico recettore presente nelle cellule immunitarie delle persone con artrite psoriasica potrebbe spiegare una delle cause principali di questa condizione cronica autoimmune. A scoprirlo, uno studio pubblicato su Nature Communications, i cui risultati potrebbero portare a trovare il meccanismo di innesco molecolare della malattia e a sviluppare un trattamento mirato. L'artrite psoriasica è una condizione a cui va incontro una persona su tre che ha già sviluppato la psoriasi, e che comporta gonfiore e rigidità delle articolazioni, che con il passare del tempo, possono anche peggiorare e richiedere un trattamento chirurgico. La predisposizione genetica dell'artrite psoriasica era già stata scoperta in passato ma non è ancora stato scoperto il vero fattore scatenante. Utilizzando una tecnologia all'avanguardia di sequenziamento dell'Rna, i ricercatori hanno analizzato migliaia di singole cellule immunitarie dal fluido drenato dalle ginocchia dei pazienti con artrite psoriasica.

Lo studio ha mostrato che molte cellule immunitarie presenti nel fluido articolare condividevano un identico recettore delle cellule T, denominato CXCR3, che le indirizzava verso il sito dell'infiammazione. "Ciò fornisce la prima prova che i linfociti T di questi pazienti stanno reagendo alla stessa molecola, che funge da innesco per la malattia", spiega uno degli autori, Hussein Al-Mossawi, ricercatore del Dipartimento di ortopedia e reumatologia dell'Università di Oxford. Anche se non è ancora noto quale sia la molecola colpevole, questa è una scoperta importante nella comprensione dei meccanismi che scatenano l'artrite psoriasica. Se si riuscirà a trovare la chiave che innesca la malattia, concludono i ricercatori, "potremmo concentrarci nell'identificare terapie che lo impediscano, fornendo una potenziale cura".

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fonte: Nature Communications

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