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Con cellule di laboratorio scompare la leucemia nell'86% dei malati

Oncologia Redazione DottNet | 21/10/2020 13:30

Studio italiano: le cellule CARCIK hanno dimostrato un'attività antitumorale molto promettente

La sua incidenza è massima tra i bambini più piccoli, ma la leucemia linfoblastica acuta - tumore del sangue relativamente raro - può interessare anche gli adulti e in Italia colpisce circa 600 persone l'anno, di cui 450 sono bimbi e adolescenti. Una nuova speranza di guarigione arriva da uno studio italiano che ha dimostrato come un particolare tipo di cellule CAR-T - ottenute dalle cellule del sistema immunitario T di donatori sani e opportunamente modificate in laboratorio in modo da potenziare le loro capacità di riconoscere e uccidere le cellule tumorali - è stato in grado di far scomparire il tumore in 6 pazienti su 7 (l'86%) trattati con alte dosi. Si tratta delle nuove cellule CARCIK, frutto della ricerca italiana.

Con gli attuali protocolli di chemioterapia intensiva, dopo la terapia di prima linea la maggior parte dei pazienti raggiunge una remissione completa della malattia. Tuttavia, circa il 40-45 per cento degli adulti e il 15-20 per cento dei bambini andrà incontro a una recidiva. In questi pazienti, con le terapie convenzionali solo il 10-30 per cento è ancora vivo a 5 anni dalla diagnosi. Una speranza arriva dunque dalle CARCIK, che hanno dimostrato un'attività antitumorale molto promettente: fra i pazienti trattati con la dose più alta, quasi l'86% (sei su sette) ha risposto al trattamento con una scomparsa completa del tumore. Lo ha dimostrato lo studio clinico sviluppato nei laboratori di ricerca della Fondazione Tettamanti, coordinato dal Centro di emato-oncologia pediatrica della Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la Mamma con la collaborazione dell'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, pubblicato su The Journal of Clinical Investigation.

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Le cellule CARCIK sono state somministrate a pazienti pediatrici e adulti che hanno avuto una recidiva dopo il trapianto allogenico (cioè da donatore) di cellule staminali ematopoietiche. Hanno dimostrato di essere in grado di espandersi e persistere a lungo nell'organismo, e sono dotate di un attività antitumorale molto promettente associata a un buon profilo di sicurezza. Nello studio - coordinato da Andrea Biondi, direttore Clinica pediatrica dell'Università di Milano Bicocca e direttore scientifico della Fondazione Tettamanti, e da Alessandro Rambaldi, direttore del Dipartimento ematologia-oncologia Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo - i ricercatori hanno testato quattro diversi dosaggi di cellule CARCIK dirette contro l'antigene CD19 delle cellule tumorali e hanno trattato in totale tredici pazienti, di cui quattro pediatrici e nove adulti, con una singola somministrazione. I partecipanti erano stati già sottoposti senza successo a diverse linee di terapia e ad almeno un trapianto allogenico di cellule staminali, dopo il quale la malattia aveva recidivato.

Si trattava, quindi, di soggetti in uno stadio avanzato della malattia, per i quali non vi erano più altre opzioni terapeutiche disponibili. Dopo 4 settimane dall'infusione delle cellule CARCIK, sei dei sette pazienti trattati con le dosi più alte hanno raggiunto una scomparsa completa del tumore; inoltre, cinque di essi hanno raggiunto la negatività della malattia minima residua. La maggior parte dei pazienti che ha risposto al trattamento era ancora in remissione dopo una media di 6 mesi dall'infusione e le cellule CARCIK ad essi somministrate si sono espanse in modo robusto e hanno mostrato di persistere nell'organismo fino a 10 mesi. Si tratta di "una terapia innovativa - spiega Biondi - e il primo elemento di novità è che tale approccio è stato sperimentato anche sugli adulti, che fino ad oggi non avevano accesso alle terapie car-t già disponibili. Altra novità è che la Carcik sono preparate a partire dalle cellule dal donatore e non del paziente e ciò rende la procedura più agevole e semplice". La cautela "è d'obbligo e proseguiremo lo studio, ma si apre una nuova pista terapeutica e lascia sicuramente ben sperare - conclude l'esperto - che in 6 pazienti su 7 la malattia sia scomparsa ad un mese dall'infusione ed in 2 ad un anno dal trattamento".

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