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Corte Costituzionale, legittimo il blocco delle rivalutazioni pensioni Inps

Previdenza Redazione DottNet | 19/02/2021 14:39

Analoga decisione anche per il contributo di solidarietà che resta: ma la durata è stata ridotta da cinque a tre anni e si concluderà quindi a dicembre 2021

Continua a far parlare di sé la sentenza n. 234 del 2020, con la quale la Consulta è intervenuta su argomenti importanti per i pensionati. In estrema sintesi, la Corte Costituzionale ha stabilito che, per le pensioni di importo più alto, sono legittimi sia la riduzione della rivalutazione legata all’inflazione, sia il contributo di solidarietà (la cui durata è stata tuttavia ridotta da cinque a tre anni e si concluderà quindi a dicembre 2021, anziché nel 2023).

Con la sua pronuncia, la Consulta si è dunque espressa in merito alle misure di contenimento della spesa previdenziale disposte dalla legge di bilancio 2019 a carico delle pensioni di elevato importo, riunendo sei giudizi di legittimità costituzionale promossi da cinque sezioni regionali della Corte dei Conti e dal Tribunale di Milano.

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Attualmente, in applicazione dell’art. 1 comma 260 della legge 145/2018, per il periodo 2019-2021, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici è riconosciuta nella misura del 100% soltanto per quelli complessivamente pari o inferiori a tre volte il minimo Inps, mentre, per quelli superiori a tre volte, la rivalutazione è riconosciuta in misura decrescente, dal 97% per i trattamenti fino a 4 volte il minimo fino al 40% per quelli superiori a 9 volte il minimo.

La Consulta ha confermato questo meccanismo per diversi motivi. Innanzitutto, secondo la Corte, non è corretto affermare che i precedenti provvedimenti restrittivi hanno ridotto lo spazio di manovra successivo in capo al legislatore, perché ogni intervento va valutato di per se stesso, in relazione alla situazione oggettiva in cui si inserisce. Il nuovo intervento rimane dunque legittimo, perché conforme ai principi di ragionevolezza, proporzionalità ed adeguatezza.

Inoltre, in questo caso, l’intervento non blocca la rivalutazione a tempo indeterminato, ma limita l’adeguamento all’inflazione con indici graduali e proporzionati, continuando a garantire anche alle pensioni alte un parziale recupero dell’inflazione. Infine, i risparmi prodotti sono stati destinati al finanziamento di Quota 100, valutata come un istituto positivo, che consente un più agevole pensionamento anticipato, considerato funzionale al ricambio generazionale dei lavoratori attivi.

Riguardo al contributo di solidarietà, che colpisce la quota di pensione superiore ai 100.000 euro annui lordi con aliquote aggiuntive, la Consulta ha ritenuto che esso non viola i principi di ragionevolezza e proporzionalità e risulta costituzionalmente tollerabile, in quanto opera secondo un criterio di progressività, facendo salva la parte di pensione inferiore appunto a 100.000 euro. La durata quinquennale del prelievo è stata giudicata tuttavia eccessiva rispetto all’ordinaria proiezione triennale del bilancio di previsione dello Stato ed è stata quindi allineata alla durata del collegato intervento di raffreddamento della perequazione, fissata in tre anni.

La decisione della Corte Costituzionale continua ad alimentare critiche e contestazioni, soprattutto da parte delle organizzazioni sindacali che avevano promosso i giudizi, in primis CONFEDIR e FEDER.S.P.Ev. Da parte loro, si fa notare che "la limitazione della perequazione automatica delle pensioni di maggior importo è intervenuta periodicamente dal 1998 ad oggi e, continuativamente, in ben 11 degli ultimi 14 anni, con azzeramento addirittura della rivalutazione negli anni 2008, 2012 e 2013."

Inoltre si sottolinea che "a suo tempo (Sentenza 316/2010) la Corte aveva stabilito che, con la frequente reiterazione di misure intese a paralizzare il sistema perequativo, anche le pensioni di maggior importo "potrebbero non essere sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere d’acquisto della moneta". Insomma, la truppa dei pensionati subisce una nuova sconfitta, ma non ferma la propria battaglia. Quest’anno, di rivalutazione non si parlerà affatto, essendo i tassi Istat inferiori allo zero, mentre il contributo di solidarietà continuerà ad essere prelevato nelle misure fissate. A fine anno entrambe le misure contestate scadranno ed occorrerà vedere se tutto tornerà come prima oppure se il nuovo Governo proporrà nuovi tagli per il 2022, con la prossima Legge di Bilancio.

Vale la pena di ricordare che entrambe le misure poste all’attenzione della Consulta riguardano esclusivamente le pensioni Inps e non quelle dell’Enpam: la Fondazione ha infatti un proprio meccanismo di rivalutazione che non è mai stato interrotto (salvo nei casi, come quest’anno, in cui l’inflazione risulta pari o inferiore a zero); mentre il contributo di solidarietà si applica, per espressa disposizione di legge, soltanto sulle pensioni pubbliche, mentre sono escluse le pensioni liquidate dalle Casse di previdenza dei professionisti. Addirittura ne sono esentate anche le pensioni in cumulo, laddove una quota sia liquidata dalle Casse private.

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