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Inps, lavoro part time e permessi ex legge 104

Previdenza Redazione DottNet | 07/04/2021 19:06

Le precedenti indicazioni sono state riviste alla luce degli orientamenti della Suprema Corte di Cassazione

L’Inps, con la circolare n. 45 del 19 marzo 2021, a seguito dell’orientamento giurisprudenziale consolidatosi da parte della Corte di Cassazione e dei relativi chiarimenti del Ministero del Lavoro, ha fornito nuove istruzioni per il riconoscimento dei benefici da legge 104/1992 (i famosi tre giorni di permesso mensile per i lavoratori disabili o per i lavoratori loro congiunti), in caso di impiego a tempo parziale di tipo verticale (cioè soltanto alcuni giorni della settimana) o di tipo misto (cioè soltanto alcuni giorni del mese). 

Le precedenti indicazioni (reperibili nel messaggio Inps n. 3114 del 7 agosto 2018) sono state riviste alla luce degli orientamenti della Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, che con due decisioni (sentenze 29 settembre 2017, n.

22925 e 20 febbraio 2018, n. 4069) ha statuito che la durata dei permessi, qualora la percentuale del tempo parziale di tipo verticale superi il 50% del tempo pieno previsto dal contratto collettivo, non debba subire decurtazioni in ragione del ridotto orario di lavoro. L’Inps spiega che la Corte di Cassazione fonda le sue valutazioni sull’analisi dell’art. 4 del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, che attua una direttiva dell’Unione Europea proprio su questo punto. 

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"La norma – argomenta la Cassazione – opera una differenziazione tra gli istituti che hanno una connotazione patrimoniale e che si pongono in stretta corrispettività con la durata della prestazione lavorativa – per i quali è ammesso il riproporzionamento del trattamento – e gli istituti riconducibili a un ambito di diritti a connotazione non strettamente patrimoniale, che si è inteso salvaguardare da qualsiasi riduzione connessa alla minore entità della durata della prestazione lavorativa."

Tra questi ultimi vi sono appunto i permessi di cui all’art. 33 della legge 104/92, i quali, oltretutto, "costituiscono misure di tutela della salute psico-fisica della persona disabile, che è un diritto fondamentale dell’individuo, tutelato dall’art. 32 della Costituzione." In sostanza, per fare un esempio semplice, il medico dipendente titolare dei benefici della 104 che lavora soltanto 4 giorni alla settimana su 6 con orario ordinario, e che quindi supera il 50% dell’orario ordinario (arrivando esattamente al 66,66%, cioè ai due terzi dell’orario), mentre prima della Circolare poteva fruire solo di due giorni di permesso mensile, adesso invece può richiederli anche tutti e tre.

Queste nuove indicazioni valgono soltanto nel caso di fruizione di interi giorni di permesso: il riproporzionamento va invece normalmente effettuato nel caso in cui il lavoratore scelga di fruire del beneficio trasformandolo in ore. L’innovazione sembra non avere alcun impatto sui medici specialisti ambulatoriali convenzionati, perché essi, pur potendo fruire dei benefici della legge 104, ai sensi dell’art. 34, comma 7 dell’Accordo Collettivo attualmente in vigore, su questo punto sono disciplinati espressamente dalla norma appena citata. Viene infatti detto che "il limite dei tre giorni/mese è da considerare maturato esclusivamente in caso di raggiungimento del massimale orario (38 ore settimanali); i permessi sono da fruire per giornate intere e ridotti in proporzione al numero delle ore di incarico settimanale." 

Immaginiamo però il caso di uno specialista ambulatoriale titolare di 104 che concentri i due terzi del massimale orario (poniamo 24 ore) in tre soli giorni della settimana (in ipotesi dalle 9 alle 17 lunedì, martedì e mercoledì). In questo caso, il part time verticale (pur non conclamato) è insito nell’articolazione dell’orario, ed è difficile pensare di ignorare totalmente i principi espressi dalla Suprema Corte. Probabilmente questo caso andrà affrontato nel prossimo rinnovo contrattuale, anche per omogeneizzare questa posizione con quella di un ipotetico ex collega, transitato a rapporto d’impiego, al quale il beneficio della nuova interpretazione andrebbe certamente applicato.

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