La modifica della Farmacopea con l’inserimento della contraccezione di emergenza tra le categorie di farmaci da tenere obbligatoriamente in farmacia è ancora al palo
“La Contraccezione di Emergenza (CE) dovrebbe essere sempre disponibile in ogni farmacia e consegnata ogni volta che una donna la richieda. Purtroppo ciò non avviene, nonostante le rassicurazioni delle associazioni dei farmacisti. Per garantire, con piena certezza, la sua reperibilità in ogni farmacia, è necessario che la CE venga considerata una categoria a sé stante all’interno della Farmacopea, e non un sottogruppo di contraccettivi sistemici ormonali”. Lo chiede Emilio Arisi, presidente dalla Società Medica Italiana per la Contraccezione (Smic).
Ma a distanza di più di due anni tutto è ancora fermo e l’annunciata modifica della Farmacopea con l’inserimento della contraccezione di emergenza tra le categorie di farmaci da tenere obbligatoriamente in farmacia è ancora al palo. E' questo il motivo della richiesta di Arisi per “un intervento deciso da parte del Ministero della Salute per evitare che le donne siano costrette a passare da una farmacia all’altra per reperire un farmaco la cui efficacia è tanto più elevata quanto più venga assunto vicino al rapporto sessuale presunto a rischio di gravidanza indesiderata”.
“La contraccezione di emergenza non è un contraccettivo genericamente inteso, è una categoria a parte – ha spiegato il presidente Smic – è uno strumento farmacologico di emergenza, cioè di pronto soccorso, utilizzabile allo scopo di evitare gravidanze non desiderate nei casi in cui il ricorso ad un metodo contraccettivo tradizionale fallisca o venga dimenticato, oppure quando la donna subisca un rapporto sessuale non voluto. La sua efficacia è tanto più elevata quanto più la sua assunzione avvenga vicino al rapporto sessuale non protetto, e può arrivare al 95 % di protezione. Lo stesso Ministro della Salute nelle sue relazioni sulla Interruzione volontaria di gravidanza, pubblicate negli ultimi anni, sottolinea il ruolo dell’utilizzo della contraccezione di emergenza nella decisa riduzione dell’aborto volontario in Italia, ed in particolare della sua forma più efficace costituita dall’ulipristal acetato (UPA), conosciuta anche come ‘pillola dei cinque giorni dopo’”. “Peraltro – conclude Arisi – se si facessero bene i conti in termini di costi per la IVG da parte del Servizio sanitario nazionale e di eventuali costi per una distribuzione gratuita della CE, come del resto già avviene in Paesi vicino a noi (es. in Francia), si risparmierebbero risorse economiche che potrebbero più razionalmente essere investite nella prevenzione dell’aborto volontario”.
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