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Medicina generale: si va verso la dipendenza, tre ipotesi sul tavolo

Medicina Generale Redazione DottNet | 07/09/2021 17:34

Fronti contrapposti tra Fimmg e Cgil che invece è a favore del rapporto di dipendenza. Intanto in Lombardia pronte case e ospedali di comunità

Per la sanità territoriale il Pnrr mette sul piatto 9 miliardi di uero. Una somma ingente che lascia immaginare l'importanza per il Governo di un settore strategico per le cure e per le professionalità coinvolte, ovvero i medici di famiglia. Una categoria che ha sofferto più delle altre per la pandemia con i 150 morti sul campo dovuti in parte all'assenza di protocolli per le cure Covid. Revisionare, dunque, il ruolo del medico di medicina generale diventa pressoché indispensabile alla luce della nuova bozza di accordo sul contratto (clicca qui per scaricare il testo completo) , come abbiamo anticipato. Tuttavia proprio nell'ambito dell'attività professionale la categoria si divide in due, ovvero tra coloro che vogliono rimanere nella libera professione e altri che invece ausoicano la dipendenza.

L'ago della bilancia pende per il momento verso la dipendenza pur con alcune variabili: la novità comporta il passaggio alla dipendenza con il Ssn per tutti; mantenimento della convenzione per i professionisti in attività e rapporto di dipendenza per i nuovi entrati; fine della convenzione con i singoli professionisti in favore di forme di accreditamento dei servizi di medicina primaria. Le tre ipotesi che al momento sono sul tavolo delle Regioni lascerebbero presupporre una svolta per i medici di famiglia e per i pediatri di famiglia  sono al momento queste le tre ipotesi sul tavolo delle Regioni che si stanno confrontando per elaborare una proposta unitaria da sottoporre al Ministero della Salute e ai sindacati per riformare il ruolo di medici di famiglia e pediatri di libera scelta.

Ecco le tre ipotesi sul tavolo: la prima vorrebbe i medici di famiglia e i pediatri immediatamente dipendenti del Ssn, ipotesi piuttosto complessa da gestire per i tanti studi già esistenti.  La seconda ipotesi offre invece la possibilità di optare per la dipendenza, un aspetto interessante per i più giovani ma meno per chi ha uno studio avviato magari con molti assistiti. E infine la terza soluzione che prevede un accreditamento per la gestione delle Case della Comunità ipotesi che darebbe più chances al privato che così mete un piede nella gestione del territorio.

Un faccia a faccia che è al centro del dibattito che sta animando le opposte "fazioni".  Nel dettaglio la proposta appena presentata dalla Sisac ai sindacati (e che verrà discussa oggi in un incontro) prevede infatti che la futura sanità territoriale si dovrà basare sulle "Unità complesse di cure primarie" (Uccp): strutture che ospiterebbero più medici di base, infermieri e segreteria in grado di tenere aperti ambulatori e servizi diagnostici di base con continuità. Molto di più rispetto allo studio medico attuale che però presenta un innegabile vantaggio: la vicinana al paziente che oggi ha la pssibilità di avere un ambulatorio praticamente sotto casa.

La maggioranza dei medici di base ha particolarmente a cuore la propria autonomia professionale e teme che le Uccp trasformino il medico di famiglia da libero professionista a lavoratore subordinato di un’organizzazione. Il comunicato della Fimmg riflette questo stato d'animo: "Si mettono in discussione elementi fondanti la nostra professione, quali la scelta fiduciaria e l’autonomia organizzativa su cui la categoria non è disposta ad alcun compromesso, che metterebbe in pericolo la tenuta stessa del Ssn", ha spiegato il segretario Silvestro Scotti. Insomma la Fimmg non vuole scardinare il ruolo del medico di base libero professionista con una sua platea di assistiti e con la sua indipendenza.

Diversa invece la posizione della Fp-Cgil: "Noi proponiamo che il medico di base abbia un rapporto di lavoro di dipendenza con Servizio sanitario nazionale con tutele e diritti dei medici ospedalieri, ma al di là della dimensione contrattuale chiediamo una norma stringente che porti i medici di base a lavorare nelle case della comunità" spiega al manifesto il segretario Andrea Filippi. «Il rapporto "fiduciario" tra paziente e medico di base spesso si rivela un rapporto "privatistico". Noi siamo favorevoli al rapporto fiduciario, ma tra il paziente e il servizio sanitario nazionale: l’equipe multiprofessionale deve rappresentare la cellula vitale del Sistema sanitario nazionale per superare la frammentazione causa di disservizi e spreco di risorse". “Non è un problema di governo dei medici, ma per prima cosa un problema di diritti e tutele contrattuali negate ai medici convenzionati e poi anche organizzativo nella gestione dei servizi integrati. Le case di comunità, centro territoriale strategico per la presa in carico delle persone, non possono funzionare nella frammentazione dei rapporti di lavoro libero professionali. Al contrario il Ccnl dei medici e dirigenti sanitari dovrebbe riuscire a coniugare le esigenze di gestione integrata dei servizi con le tutele e l’autonomia professionale dei medici”, aveva spiegato il maggio scorso Filippi a Dottnet.

Intanto la Regione Lombardia ha illustrato la fisionomia di case e ospedali di comunità, strutture che coinvolgeranno i medici di famiglia avvicinandoli di fatto alla dipendenza (come già accaduto in Veneto). È stato approvato nei giorni scorsi il progetto per la realizzazione di queste nuove strutture, elementi chiavi della legge di rivisitazione della riforma sanitaria. Il progetto riguarda le strutture che sorgeranno a Milano e che, dal cronopgramma indicato, sono le prime che verranno realizzate. "Le Case della comunità – ha spiegato l’assessore al Welfare Letizia Moratti – garantiranno l’attività medica e infermieristica sulle 24 ore, 7 giorni su 7, nelle strutture hub; sulle 12 ore, 6 giorni su 7 nelle strutture spoke, come previsto dalla duplice organizzazione (hub e spoke). L’Ospedale di comunità ospiterà le stesse funzioni della Casa di comunità, con in più tra i 20 e i 40 posti letto a bassa intensità, da gestire in raccordo tra medici di medicina generale (Mmg) e ospedali per acuti. All’interno di Case e Ospedali di comunità saranno collocate tutte le funzioni più prossime al cittadino, come prevenzione e promozione salute; cure primarie con tutto il necessario per gestire i pazienti cronici; un’area di ambulatori specialistici per criticità poco complesse e un’area di servizi integrati col comune, che si colloca tra aspetto sanitario e sociale". Secco il no della Fimmg che attraverso la segretaria regionale Paola Pedrini parla di un'iniziativa che metterebbe in difficoltà i cittadini e anche il medico: "I sostenitori della dipendenza pensano a una più facile copertura delle aree disagiate - afferma Pedrini. Invece tale copertura è difficile pure nella dipendenza nei piccoli ospedali periferici con i bandi che vanno spesso deserti".

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Testa: "Molte le criticità relative alle case di comunità e ai Centri di Accoglienza Urgenze (CAU). Occorre una revisione delle strategie operative per garantire una presa in carico più efficace dei pazienti"

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