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Il tumore alla prostata colpisce sempre di più tra i giovani, occhio alla familiarità

Oncologia Redazione DottNet | 01/10/2021 13:54

I giovani con familiarità devono svolgere il test del PSA già a 40 anni. Infatti, per loro il rischio è di 3-5 volte superiore

Il tumore della prostata colpisce sempre di più i "giovani" nel nostro paese: il numero di nuovi casi cresce del 3,4% l'anno tra gli under-50. È il dato emerso durante il XXXI congresso nazionale della Società Italiana di Urologia Oncologica (SIUrO), con gli occhi puntati sulla medicina di precisione per indirizzare sempre più il singolo paziente alle terapie più adatte al suo caso.   "Il carcinoma prostatico spesso nei pazienti più giovani è asintomatico oppure molto aggressivo", afferma Alberto Lapini (nella foto), Presidente Nazionale SIUrO. I giovani con familiarità devono svolgere il test del PSA già a 40 anni.

Infatti, per loro il rischio è di 3-5 volte superiore.  "Dobbiamo riuscire a dare un inquadramento sempre più appropriato dei nostri pazienti - afferma Giario Conti, Segretario Nazionale SIUrO. La ricerca sta perfezionando i test genetici e altre tecnologie diagnostiche", sempre più importanti via via che si renderanno disponibili farmaci molecolari mirati come quelli già in uso con successo nella cura del carcinoma della mammella e dell'ovaio. Inoltre, le strategie terapeutiche devono essere decise e concordate da un team multidisciplinare, sottolinea Renzo Colombo, Vice Presidente SIUrO.
Lo scorso anno in Italia il totale dei casi di tumori genitourinari è stato di 76.800: 36.000 nuovi casi per il cancro alla prostata, 13.500 al rene, 2.300 al testicolo e 25.000 alla vescica. "La pandemia ha pesantemente influenzato i livelli di assistenza per i pazienti - sostiene Rolando Maria D'Angelillo, Consigliere Nazionale SIUrO -. In molte strutture sanitarie oncologiche i trattamenti chirurgici, farmacologici e radioterapici sono stati interrotti o comunque drasticamente ridotti. Ora la situazione risulta decisamente migliorata e i rischi di contagio in ospedale sono quasi nulli. Tuttavia notiamo ancora una diffidenza da parte di alcuni pazienti a recarsi negli ambulatori per ricevere cure ed esami". "Una possibile soluzione è il ricorso a terapie a lungo termine, trimestrali e semestrali, per il trattamento del carcinoma prostatico - afferma Conti - così da limitare gli accessi agli ospedali e al tempo stesso favorisce l'aderenza terapeutica.   Adesso possiamo tornare ai volumi di assistenza prepandemici, sottolineano gli esperti in conclusione, l'ospedale è ritornato un luogo sicuro.

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