La Seconda Sezione Civile della Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 1292/2021 ha infatti rigettato le domande da loro avanzate
Ancora nulla di fatto per i medici specializzatisi fra il 1993 ed il 2006 che richiedono allo Stato il pagamento della differenza di emolumento fra la borsa di studio loro riconosciuta ed il contratto di cui hanno goduto i loro colleghi dal 2007 in poi. La Seconda Sezione Civile della Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 1292/2021 ha infatti rigettato le domande da loro avanzate. Recita testualmente la sentenza: "Il fatto che con il Decreto Legislativo n. 368/1999, poi attuato con decorrenza dall’anno accademico 2006/2007, il legislatore interno, senza esservi tenuto in forza della normativa comunitaria, nella sua discrezionalità, abbia previsto un trattamento migliore per i medici che hanno frequentato dall’anno 2006/2007 non fa nascere in capo a coloro che hanno frequentato anteriormente, tra il 1991 ed il 2006, un diritto soggettivo all’applicazione retroattiva della nuova disciplina, né quindi la sussistenza di un danno liquidato in misura pari alle differenze di remunerazione.
A parere della Corte, infatti, la normativa comunitaria lascia discrezionalità agli Stati membri per la determinazione dell’ammontare della remunerazione al medico specializzando. Questo perché le direttive comunitarie cui l’obbligo di remunerazione va ricondotto non contengono alcuna definizione della remunerazione da considerarsi adeguata, né dei metodi di fissazione degli emolumenti.
Ovviamente, questa decisione non è affatto condivisa dai legali dei medici coinvolti. Essi fanno rilevare che la sentenza di rigetto si pone in contrasto con le più recenti pronunce della medesima Corte di Appello di Roma, della Suprema Corte di Cassazione, di altre Corti di appello e di Tribunali (tra le altre, Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 22-04-2015, n.8243; Trib. Roma Sez. Civile n. 11034-18 del 31-05-2018; Corte di Appello di Messina Sez. Lavoro n. 62 del 25-01-2018; Corte di Appello di Roma Sezione I Civile n.4886 del 16-07-2019). Essi ritengono dunque opportuno proporre ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione al fine di chiedere l’accoglimento delle domande, considerando che la remunerazione percepita dagli specializzandi 1993-2006 era inadeguata e, quindi, in violazione delle norme comunitarie, anche alla luce di autorevoli pareri dottrinari.
Inoltre, anche dinanzi alla Cassazione verrà richiesto che la questione sia rimessa alla Corte di Giustizia Europea affinché chiarisca l’adeguatezza della normativa italiana rispetto ai dettami di quella Europea. A parere dei legali è quindi possibile ritenere che lo Stato italiano sia, di fatto, inadempiente nei confronti dei medici interessati, rispetto agli obblighi comunitari. Non resta che attendere, in tempi ancora purtroppo dilatati, l’esito della prossima puntata di questa interminabile saga giudiziaria.
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