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Pandemia spinge verso il calo dell'uso farmaci in anziani

Aifa Redazione DottNet | 14/10/2021 19:27

Magrini: Riscontriamo un sovrautilizzo della vitamina D non sostenuto da evidenze, l’uso inappropriato di antibiotici e di alcuni antiaritmici nel grande anziano

È stato presentato, presso la Sala delle Colonne del Centro Congressi Angelicum di Roma, il primo Rapporto "L’uso dei farmaci nella popolazione anziana in Italia", realizzato dall’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (OsMed) con il coordinamento dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS).

Il Rapporto descrive le caratteristiche della prescrizione farmaceutica nella popolazione ultrasessantacinquenne, approfondendo nel dettaglio alcuni aspetti relativi a tre setting assistenziali: domicilio (prescrizione territoriale), ospedale e Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA).
La pubblicazione, inoltre, analizza l’uso concomitante di farmaci nei pazienti in trattamento per alcune patologie (diabete, demenza, BPCO, parkinsonismo); valuta nuovi indicatori di qualità e appropriatezza prescrittiva, con particolare riferimento alla politerapia, alle interazioni farmacologiche e all’uso di farmaci potenzialmente inappropriati; analizza l’uso dei farmaci nelle fasce di età più avanzate (pazienti ultranovantenni); descrive alcune esperienze nazionali di deprescrizione farmacologica (deprescribing); analizza l’impatto della pandemia da COVID-19 sull’uso dei medicinali nella popolazione anziana nel 2020 (a confronto con il 2019).

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«È un nuovo capitolo della collana OsMed, che conferma e amplia la collaborazione tra AIFA e altre istituzioni nazionali e locali e ricercatori, già avviata con i precedenti volumi tematici dedicati ad antibiotici e gravidanza – ha affermato Nicola Magrini, Direttore Generale dell’AIFA, introducendo i lavori – L’analisi su flussi di dati provenienti da fonti diverse ci ha consentito di porre l’attenzione su alcuni contesti  particolari del consumo dei farmaci nella popolazione anziana, quali l’ambito ospedaliero e quello finora poco esplorato delle residenze sanitarie assistenziali, che è stato pesantemente colpito dalla pandemia da COVID-19.        
Tra i principali risultati emersi
– ha aggiunto Magrini – riscontriamo un sovrautilizzo della vitamina D non sostenuto da evidenze, l’uso inappropriato di antibiotici e di alcuni antiaritmici nel grande anziano, alcune possibili interazioni tra farmaci della coagulazione usati spesso in associazione, come FANS, anticoagulanti e antiaggreganti». 

«Questo nuovo Rapporto, centrato sul consumo dei farmaci negli anziani, rappresenta uno strumento prezioso per promuovere interventi e progetti mirati a migliorare la qualità e la sicurezza dell’uso del farmaco in questa popolazione – ha dichiarato Silvio Brusaferro, Presidente dell’ISS - Si stima, infatti, che un terzo degli over 65enni utilizzi 10 o più farmaci contemporaneamente. Questo rapporto aiuta a comprendere diversi aspetti di questo fenomeno individuando nella deprescrizione farmacologica, ovvero nella riduzione del numero dei principi attivi prescritti, una risposta mirata per garantire una maggior sicurezza e appropriatezza delle cure. Non sempre, infatti, la prescrizione di un numero elevato di farmaci – ha concluso Brusaferro – corrisponde alle migliori cure o a più salute». 

Sono intervenuti Graziano Onder (ISS), Francesco Trotta e Giuseppe Traversa (AIFA), Alessandro Nobili e Silvio Garattini (Istituto "Mario Negri"), Ignazio Grattagliano (SIMG), Paola Kruger (EUPATI), Pier Mannuccio Mannucci (Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano), Roberto Bernabei (Fondazione Policlinico Universitario "Agostino Gemelli" IRCCS). 

In media un anziano assume tre dosi giornaliere per una spesa pro capite annua di circa 660 euro. L’utilizzo dei farmaci aumenta progressivamente con l’età fino agli 84 anni. Segue poi un declino, «in parte dovuto all’ “healthy survivor effect”, al fatto cioè che solo le persone più sane sopravvivono in età avanzata, e in parte anche a cambiamenti prescrittivi» spiega Graziano Onder, direttore del dipartimento di Malattie cardiovascolari, endocrino-metaboliche e invecchiamento dell’Iss. Le tre categorie terapeutiche più prescritte nel 2019 negli over 65 sono gli antipertensivi, seguiti da gastroprotettori e antibiotici. Gli uomini in generale assumono più farmaci rispetto alle donne. E nelle regioni del Sud si consumano più dosi e con un costo per giornata di terapia più elevato di quanto avviene in quelle del Nord. «È un segnale che indica come il farmaco sia uno strumento di supplenza rispetto a un accesso piu integrato delle cure» avverte Magrini.

Benefici reali

Il report si concentra in particolare sull’uso concomitante di farmaci nei pazienti in trattamento per diabete, demenza, bpco e Parkinson. E, in particolare in associazione ai farmaci antidemenza e anti Parkinson, è stato rilevato l’uso inappropriato soprattutto degli antipsicotici, che, si legge sul report, «non portano a un reale beneficio clinico per il paziente». Ultranovantenni e rsa Negli ultranovantenni, invece, le classi di farmaci più utilizzate sono gli antipertensivi, gli antiaggreganti, i farmaci per l’ulcera peptica e malattia da reflusso gastroesofageo e gli ipolipemizzanti (contro il colesterolo). Ma l’impiego significativo degli ipolipemizzanti e degli anti-osteoporotici è ingiustificato poiché non è supportato «da una reale esigenza terapeutica”, riporta il documento.

Nelle Rsa

Analizzando poi i consumi all’interno delle rsa, tra i farmaci di più comune utilizzo oltre ai cardiovascolari (il 36,5 per cento delle prescrizioni) ci sono gli psicotropi (benzodiazepine, antidepressivi e antipsicotici), sebbene il loro uso, scrive Aifa, sia «spesso associato a importanti eventi avversi e quindi inappropriato». «C’è un grosso utilizzo anche di lassativi e disinfettanti per la cute, per trattare per esempio le piaghe da decubito - sottolinea Francesco Trotta, dirigente dell’ufficio di monitoraggio della spesa farmaceutica e rapporti con le Regioni di Aifa -. Il consumo dei farmaci è un ottimo indicatore per descrivere la qualità dell’assistenza. È importante investire anche su caregiver, attività ricreative, spazi in comune per combattere la solitudine degli anziani e ridurre il ricorso ai farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale, come dimostra un recente studio americano».

oliterapie e prescrizioni inappropriate

Nello specifico, il 29 per cento degli uomini e il 30,3 delle donne over 65 utilizzano dieci o più sostanze contemporaneamente. La politerapia però può aumentare il rischio di interazioni tra medicinali (che possono modificare l’effetto del farmaco), oltre che una riduzione dell’aderenza al trattamento. Per esempio, l’uso combinato di due o più principi attivi che favoriscono il sanguinamento gastrointestinale è pari al 6,6 per cento (interessando 910mila anziani), con una prevalenza più alta al Sud (11 per cento) rispetto al Centro (7,1) e al Nord (3,6). Quello relativo ai farmaci che aumentano l’insufficienza renale si attesta al 9,5 per cento (1,3 milioni di anziani). Mentre, l’assunzione di antidepressivi tricicli, che riguarda l’un per cento della popolazione anziana con una prevalenza d’uso doppia nelle donne rispetto agli uomini (1,4 per cento contro 0,6), può provocare danni cognitivi, cardiaci, neurologici e urinari. In conclusione, la revisione terapeutica e la deprescrizione farmacologica quando gli effetti negativi di un medicinale superano i benefici, sono la soluzione. A favore di una medicina personalizzata, che tenga cioè conto delle caratteristiche specifiche e più complesse del paziente anziano.

Durante la pandemia

Il rapporto approfondisce anche l’impatto del Covid sul consumo dei farmaci. Si sono registrate riduzioni per molte categorie terapeutiche (dai farmaci per l’osteoporosi a quelli per il diabete, bpco, antipertensivi, antipsicotici, antidepressivi) attribuibili alla difficoltà di accesso a prime visite o controlli per patologie croniche durante la pandemia. Con il calo delle patologie infettive respiratorie grazie all’adozione di norme igieniche e al distanziamento sociale per contenere la diffusione del coronavirus, nel 2020 sono scese le prescrizioni anche di antibiotici e fans. Al contrario sono cresciute quelle per gli anticoagulanti, probabilmente per curare gli eventi tromboemolici legati al Covid o per la loro profilassi.

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