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Incarichi Covid: dal primo gennaio scatta l'incumulabilità

Previdenza Redazione DottNet | 22/12/2021 13:44

I medici richiamati in servizio non potranno più cumulare il proprio stipendio con la pensione, ma dovranno necessariamente scegliere fra uno dei due

Sta per terminare, per un incomprensibile disegno politico, la luna di miele tra Asl e medici pensionati in ordine agli incarichi attribuiti causa Covid. Dal 1° gennaio 2022 infatti i medici richiamati alle armi non potranno più cumulare il proprio stipendio con la pensione, ma dovranno necessariamente scegliere fra uno dei due; e fatta eccezione per il piccolo numero di coloro che hanno svolto attività marginali, maturando pensioni inadeguate, finiranno per la maggior parte con l’abbandonare gli incarichi, destrutturando il sistema proprio mentre, con la quarta ondata Covid in atto, ce ne sarebbe stato più bisogno. 

Infatti, secondo l’art. 3-bis del Decreto-Legge n. 2 del 14 gennaio 2021, come modificato dall’art. 34, del Decreto-Legge n. 73 del 25 maggio 2021 (c.d. D.L. Sostegni-bis) "in relazione allo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 le aziende sanitarie e socio-sanitarie, in deroga all'articolo 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n.

95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, possono conferire incarichi, con scadenza non oltre il 31 dicembre 2022, al personale sanitario collocato in quiescenza avendo maturato i requisiti anagrafici e contributivi per il pensionamento di vecchiaia, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 11 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2019, n. 60". Ma l’articolo di legge si conclude affermando che "il predetto personale opta per il mantenimento del trattamento previdenziale già in godimento ovvero per l'erogazione della retribuzione connessa all'incarico da conferire". 

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Ma perché il cumulo fra stipendio e pensione sarà invece possibile fino al 31 dicembre 2021? Perchè l’art. 34, del D.L. n. 73/2021, al comma 9, ha introdotto una norma di interpretazione autentica dell’articolo incriminato, in base alla quale "le disposizioni di cui all'articolo 3-bis del decreto-legge 14 gennaio 2021, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 marzo 2021, n. 29, si interpretano nel senso che esse non si applicano, per l'anno 2021, agli incarichi di cui all'articolo 2 bis, comma 5, del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge di conversione 24 aprile 2020, n. 27.

E l’art. 2-bis, comma 5, del D.L. n. 18/2020 prevede appunto la possibilità, da parte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano, di "conferire incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, con durata non superiore a sei mesi, e comunque entro il termine dello stato di emergenza, a dirigenti medici, veterinari e sanitari nonché al personale del ruolo sanitario del comparto sanità, collocati in quiescenza, anche ove non iscritti al competente albo professionale in conseguenza del collocamento a riposo, nonché agli operatori sociosanitari collocati in quiescenza". Incarichi, dunque, perfettamente sovrapponibili con quelli di cui parla il Decreto Sostegni bis. 

Quindi, per gli incarichi conferiti al personale medico collocato in quiescenza, ai sensi del citato art. 2-bis, comma 5, i relativi compensi e il trattamento pensionistico possono essere cumulati, ma allo stato attuale soltanto sino al 31 dicembre 2021.  Al contrario, il conferimento di incarichi ai sensi dell’art. 3-bis del Decreto Sostegni bis impone al medico pensionato di scegliere se mantenere il trattamento pensionistico oppure la remunerazione per l’incarico medesimo.  Queste disposizioni normative si applicano alla generalità del personale sanitario in quiescenza, comprendendo, quindi, anche i titolari di trattamento pensionistico, di vecchiaia o anticipato, erogato dalla Fondazione Enpam. 

Dunque i camici bianchi ripresi dagli armadi torneranno ad essere appesi al chiodo? In realtà, come ben noto, i medici pensionati dell’Enpam possono continuare a svolgere attività libero professionale anche dopo la quiescenza, ovviamente corrispondendo alla Fondazione la relativa contribuzione, da calcolarsi con l’aliquota ridotta del 9,75%. Il segreto (neanche troppo nascosto) sta per le Aziende Sanitarie nell’evitare di conferire incarichi con una specifica durata e legati formalmente al Covid, ma servirsi di incarichi a gettone, come prestazione d’opera, da remunerarsi dietro presentazione di specifica fattura. 

Stesso discorso anche per gli incarichi che in diverse Regioni, data l’assenza di nuovi medici di medicina generale, cominciano ad essere conferiti a generici in quiescenza, per la sostituzione di loro stessi, in attesa della nomina dei nuovi titolari. Tali incarichi rappresentano una nuova attività convenzionata, quindi libero professionale, e non sono minimamente legati all’emergenza pandemica; i Regolamenti dell’Enpam disciplinano queste casistiche, considerandole perfettamente cumulabili con la pensione in godimento, e prevedendo che, alla cessazione definitiva di tali incarichi temporanei, gli interessati possano percepire l’indennità costituita dalla restituzione dei contributi versati dalla Asl all’Enpam in conseguenza del nuovo rapporto.

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